La lettera con tanto di protocollo e intestazione ufficiale è partita dagli uffici del municipio Roma VIII alla fine del mese scorso, proprio mentre cadeva l’anniversario della scomparsa di Pietro Ingrao. Recita: «Al fine di reperire spazi per il personale municipale si rende necessario riacquisire la piena completa disponibilità del locale in cui è ospitata in via temporanea la raccolta di testi e documenti del cosiddetto ‘Archivio Ingrao’» .

In calce c’è la firma del direttore del municipio, che invita codesta Fondazione a prendere accordi con la scrivente Direzione, entro e non oltre 15 giorni dal ricevimento della presente, per il ritiro del materiale ci cui trattasi». La Fondazione cui si fa riferimento è il Centro per la Riforma dello Stato, struttura che Ingrao ha presieduto e che in occasione dei novant’anni dell’ex presidente della Camera e storico dirigente comunista aveva acquisito le sue carte, poi sistemate nei locali del municipio attualmente governato dal Movimento 5 Stelle.

La vicenda dice molto delle pericolose derive della via romana al grillismo. Da una parte c’è la fredda lingua degli automatismi burocratici con la quale si esorta a sgomberare faldoni e volumi di un pezzo di storia di questo paese. Dall’altra un pezzo di Roma.

In questo municipio, tra l’Appia e l’Ostiense abitano 130 mila persone e vivono diverse storie della sinistra diffusa. Dopo lo sconvolgimento elettorale dello scorso giugno la giunta è presieduta dal grillino e funzionario Eni Paolo Pace. Sempre in questo municipio, tra i lotti di Garbatella, nel mezzo di un parchetto intitolato a Cavallo Pazzo, si trova Casetta Rossa, trattoria popolare e laboratorio di partecipazione. Occupata nel 2002, tre anni fa Casetta Rossa ha vinto un bando per la gestione del verde e degli spazi comuni. Adesso il municipio chiede che vengano eseguiti lavori e che siano ultimate opere entro dieci giorni, condizioni che gli attivisti considerano pretestuose e che per molti sono una sorta di rappresaglia. Dalle parti del nuovo governo municipale, non avrebbero apprezzato che a Casetta, convenzione col municipio o meno, si sentano liberi di esprimersi sull’amministrazione e sul suo operato.

Il fatto è che il presidente Pace è a corto di fondi come molti suoi colleghi. Ha chiuso il Centro antiviolenza e sfrattato il locale gruppo di protezione civile. Pace ha pensato bene di dichiarare guerra a determinate forme di vita e insistere sui temi a costo zero del «decoro», lanciando campagne contro i rovistatori di cassonetti, flirtando coi Retake, i gruppi di «volontari» armati di spugnette che hanno giurato guerra a writers e artisti metropolitani. Quella di Pace è un’idea di «bene comune» da preservare igienicamente che si scontra con chi gli spazi pubblici vuole usarli per davvero. La scorsa settimana, ad esempio, il murale che ritrae la faccia di Carlo Giuliani e stato cancellato: una mano di bianco sulla storia. Prontamente, le reti del quartiere hanno convocato un appuntamento pubblico e provveduto a ripristinare la memoria dei movimenti.

Virginia Raggi non si esprime: sarebbe in procinto di scegliere il capo di gabinetto. Ieri si faceva il nome di Luca Uguccioni, già segretario generale del Comune di Bologna a guida Pd.

Ieri pomeriggio un corteo è partito dal Colosseo alla volta del Campidoglio per protestare contro il sequestro del centro sociale Corto Circuito, avvenuto ormai una settimana fa. Gli occupanti hanno ottenuto un incontro col presidente del consiglio comunale Marcello De Vito e con l’assessore al bilancio Andrea Mazzillo. Prima di ieri le uniche parole dell’amministrazione definivano il padiglione costruito in bioedilizia un «abuso» e le vasche della permacoltura «laghetti malsani».

Dietro la retorica del decoro e della tolleranza zero, molto spesso, si nasconde una mera questione linguistica.

Precisazione dal CRS pubblicata sul giornale in edicola il 26 ottobre 2016

Spettabile redazione de «il manifesto», in merito a quanto scritto nell’articolo «Il municipio grillino sfratta “il cosiddetto Archivio Ingrao”», pubblicato il 21 ottobre scorso, ci preme fare e chiedere una rettifica. Quello ospitato dall’VIII municipio non è l’archivio di Pietro Ingrao in senso stretto, ossia non è l’archivio che la Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio ha messo sotto tutela dichiarandone nel 2005 l’«interesse storico particolarmente importante».

Si tratta, invece, del fondo archivistico e librario che raccoglie il patrimonio bibliotecario e documentale del Centro studi e iniziative per la Riforma dello Stato (CRS): oltre duecento faldoni (contenenti atti ormai di una qualche rilevanza storica), una collezione di riviste tematiche (politica, istituzioni, filosofia, cinema, arte, ambiente) pubblicate dagli anni ’60 in poi; tutti i numeri della rivista «Democrazia e Diritto»; centinaia di monografie di autori italiani e europei. In prevalenza tali documenti si riferiscono al periodo in cui Pietro Ingrao ha presieduto il centro studi (1979-1993).

Dunque, se è vero che essi costituiscono una testimonianza storica rilevante della sua attività culturale e politica, al tempo stesso occorre precisare che, tecnicamente, non costituiscono l’Archivio Ingrao vero e proprio. A questo si deve la scelta più o meno discutibile del Municipio di usare la formulazione «cosiddetto», nella lettera che manifesta l’intenzione di interrompere il rapporto di collaborazione tra il CRS e l’amministrazione.

Un rapporto avviato lo scorso anno, peraltro senza specifici limiti di tempo, allo scopo di valorizzare il fondo anche a beneficio della cittadinanza.

Maria Luisa Boccia presidente del CRS
Nicola Genga direttore del CRS