Israele «è circondato da belve feroci» e per questo avrà «una barriera di sicurezza che lo circonderà per intero», annunciava ieri il premier israeliano Benyamin Netanyahu durante un sopralluogo lungo il confine con la Giordania, dove è in fase di costruzione un altro Muro di 30 chilometri, che si aggiunge a quelli nella Cisgiordania occupata e lungo la frontiera con l’Egitto. Le barriere però il governo Netanyahu sembra costruirle non solo in faccia a palestinesi e arabi ma anche all’interno della società israeliana. Lunedì sera la Knesset ha approvato in prima lettura, con 50 voti a favore e 43 contrari, la controversa legge sulla “Trasparenza”, promossa dalla ministra della giustizia Ayelet Shaked, del partito nazionalista religioso Casa ebraica, che obbliga le Organizzazioni non governative (Ong) a pubblicare con grande frequenza e in modo dettagliato le loro fonti di finanziamento dall’estero. Eliminato invece, su richiesta di Netanyahu, l’articolo della legge che imponeva ai rappresentanti delle Ong in visita alla Knesset di portare ben visibile sulla giacca uno speciale badge identificativo.

 

Si tratta di una iniziativa della destra israeliana che va avanti già da alcuni mesi. A prima vista qualcuno potrebbe pensare che sia giusto conoscere le fonti di finanziamento dall’estero delle Ong. In realtà la legge vuole colpire solo le Ong di sinistra e quelle che si occupano della tutela dei diritti umani. Prende di mira chi riceve il 50% dei fondi dall’estero – Unione europea, governi, associazioni e fondazioni – mentre chiude un occhio sui finanziamenti alle Ong di destra o vicine al governo, tranquille perchè possono contare soprattutto su donazioni locali. La ministra Shaked ha condannato chi si oppone alla nuova legge e ha attaccato frontalmente “Breaking the Silence”, l’associzione che raccoglie le testimonianze di soldati su crimini di guerra, perchè avrebbe ricevuto una donazione di 42.000 euro da un’organizzazione cristiana olandese in cambio di almeno 90 prove schiaccianti della responsabilità delle forze armate israeliane.

 

Ad appoggiare la ministra della giustizia sono stati in particolare due deputati, sempre di “Casa ebraica”, Bezalel Smotrich e Yinon Magal, che da tempo affermano che le Ong progressiste lavorerebbero al servizio di stranieri desiderosi di usare certe informazioni contro Israele. Smotrich sostiene che a certe Ong non deve essere permesso di «rappresentare» gli interessi di Stati esteri all’interno di Israele e di danneggiare il Paese. La “Trasparenza” che viene tassativamente richiesta sui finanziamenti che arrivano dall’estero non sembra però riguardare anche Ong e associazioni della destra. «Una indagine fatta dall’agenzia Walla – spiega Sarit Michaeli, portavoce di B’Tselem che tutela i diritti umani nei Territori palestinesi occupati — ha rivelato che il primo ministro Netanyahu riceve dall’estero gran parte delle donazioni a lui destinate e così molti membri del governo. La stessa ministra Shaked riceve da altri Paesi il 40% del totale degli aiuti finanziari alla sua attività politica. E alle Ong legate alla destra, specie quelle che promuovono la colonizzazione, sulla base di un accordo raggiunto con le autorità non è richiesto di rivelare tutte le loro fonti di finanziamento. Piuttosto modeste sono state le proteste in Parlamento all’approvazione in prima lettura della legge sulla “Trasparenza”. Hanno alzato la voce solo i partiti arabi, in particolare i tre deputati di Tajammo (Balad) Hanin Zoabi, Jamal Zahalka e Basel Ghattas che saranno sospesi per alcuni mesi dalla Knesset per aver fatto visita alla famiglia di un palestinese responsabile di un attacco contro israeliani.