Quei manifesti affissi lungo le strade di Roma con un sorridente e speranzoso “Bertolaso sindaco” dovranno essere coperti in fretta e sostituiti con quelli di Marchini che ha tappezzato la città con gli slogan tipici di un rappresentante della società civile che vuole essere inclusivo e accogliente. Per esempio questo: «Liberi di chiudere i campi nomadi».

I duemila anni di storia romana digeriranno anche l’ultimo cambio di cavallo deciso da Berlusconi che con Marchini sembra aver finalmente trovato dove appendere le briglie.

In fondo tra imprenditori, nella capitale li chiamiamo palazzinari, ci si intende. E seppure sembra un po’ sopra le righe definire, come ha fatto l’attuale presidente della commissione esteri della Camera, Casini, la manovra del Cavaliere come «una scelta epocale», tuttavia è vero che la mossa di Berlusconi è un tentativo di pilotare la difficile ristrutturazione del centrodestra che a queste elezioni amministrative si presenta diviso in otto grandi comuni su tredici.

L’intricato puzzle elettorale romano è rappresentativo del disfacimento politico che accompagna e riflette quello sociale e morale della capitale del paese. L’eredità nera e malavitosa lasciata dagli anni della giunta Alemanno è il boccone che fa gola agli eredi del centrodestra che fu. Gli almirantiani Meloni e Storace, e il vasto mondo della rendita che alberga tra le sponde del Tevere, si contendono i voti che alla destra non sono mai mancati.

Proprio Berlusconi li sdoganò ai tempi di Fini, mettendo così le basi del ventennio nazionale, e proprio Berlusconi oggi in parte se li riprende per consegnarli alla figura di un senza partito, di un imprenditore locale, da giocare magari contro la prescelta grillina o da indirizzare verso il candidato di Renzi se Alfio non dovesse arrivare al ballottaggio.

La scelta di Marchini (benedetta dall’area centrista al governo) e l’annuncio di un prossimo incontro tra i vertici del Pd e la nutrita pattuglia dell’amico Verdini, sono due indizi che fanno una prova, quella di un progressivo avvicinamento della famiglia post-berlusconiana verso l’area di governo, così da accorciare la distanza tra il Campidoglio e palazzo Chigi.

PS: La sinistra del Pd assiste al Supernazareno e manifesta tutto il suo sconcerto con Speranza: «E’ una follia, ma voterò a sostegno del simbolo del Pd».