Germania contro Unione europea? Suona strano, ma potrebbe accadere. Se alle parole seguiranno i fatti, nelle sedi opportune il vicecancelliere e ministro dell’industria tedesco Sigmar Gabriel, che è anche il leader della Spd, farà valere il suo «nein» ai propositi della Commissione di Bruxelles. L’oggetto del contendere è il trattato di libero scambio fra Unione europea e Canada (Ceta, nell’acronimo in inglese), universalmente considerato la «prova generale» del ben più ghiotto Ttip, l’accordo di partnership commerciale fra Ue e Stati uniti.

Presentato finalmente a Ottawa lo scorso venerdì, dopo mesi di negoziato segreto, il Ceta prevede l’esistenza di corti arbitrali presso le quali le grandi imprese investitrici possano «denunciare» quegli stati che eventualmente adottino leggi «nocive» per gli interessi del libero commercio.

Non è fantascienza, ma realtà in altre parti del mondo: la multinazionale del tabacco Philip Morris ha portato l’Uruguay sul banco degli imputati per avere introdotto una legislazione anti-fumo tipo quella in vigore nel nostro Paese. L’impresa chiede 25 milioni di dollari di risarcimento sulla base delle norme del trattato di libero scambio fra lo stato sudamericano e la Svizzera, dove ha sede l’industria. Iniziata nel 2010, la causa è ancora in corso.
Contro un mondo fatto a misura di multinazionali è in campo, dunque, persino la morbida Spd, che teme ripercussioni negative sulle condizioni dei lavoratori tedeschi.

Gabriel è stato molto chiaro: «Così com’è nella sua attuale formulazione, il trattato Ceta non è approvabile», ha dichiarato la scorsa settimana in parlamento. Una posizione, quella dei socialdemocratici, che si fa forza del documento comune firmato dalla confederazione sindacale unitaria Dgb e dal ministero guidato da Gabriel: gli accordi di libero scambio non sono rifiutati in linea di principio, ma la loro approvazione è subordinata ad alcune modifiche.

Prima fra tutte proprio l’eliminazione dei tribunali arbitrali, che la Commissione Ue – come affermato ieri dalla futura commissaria al commercio, la liberale svedese Cecilia Malmström – vorrebbe invece mantenere.
Sulle vere intenzioni di Gabriel nutre però sospetti la Linke, principale partito di opposizione in Germania. «Ho timore che il vicecancelliere voglia solo tranquillizzare l’opinione pubblica adesso che si parla molto di Ceta e Ttip, ma non è detto che agisca poi di conseguenza» dichiara al manifesto Fabio De Masi, eurodeputato della Linke.

«Altrimenti si batterebbe per un azzeramento e nuovo inizio dei negoziati con il Canada, minacciando in caso contrario esplicitamente il veto: cose che non fa», ragiona De Masi. A differenza della Spd, la Linke punta il dito anche contro altri aspetti del trattato Ue-Canada, analoghi a quelli contenuti nel Ttip: ad esempio, l’apertura del settore dei servizi pubblici (che vale una bella fetta del pil) al mercato degli investimenti, cioè a ulteriori privatizzazioni massicce. E nella babele delle sigle «non si deve dimenticare – ricorda De Masi – il Tisa, un altro accordo sul commercio che si sta negoziando a livello internazionale, che include una clausola per impedire il ritorno in mano pubblica di un servizio privatizzato in precedenza». Contro tutto ciò, mobilitazioni nell’intera Europa il prossimo 11 ottobre.