«Non l’ho divisa io, semmai la rimetterò assieme». Il commento di Donald Trump al sarcastico titolo conferitogli dai redattori di Time («presidente degli Stati disuniti d’America») racchiude il misto di impudenza e sfrontata sicurezza di Trump. Il riconoscimento del settimanale come personaggio simbolo dell’anno, «nel bene e nel male», è stato accolto come un «grande onore» dall’interessato che ha aggiunto: «sarà un paese molto ben rimarginato, con una grande economia, un esercito ricostruito, una fortissima sicurezza, qualcosa di davvero speciale».

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Il new normal dell’America «nuovamente grande» di Trump. Difficile sopravvalutare il potenziale devastante del trumpismo elevato a governo, di un populismo esecutivo che adotta bufale a nuova norma politica. Nel frullatore quotidiano di Trump entrano sacro e profano, con uguale disinvoltura c’è l’attacco alla satira di Saturday Night Live o quello al mutamento climatico che minaccia il pianeta. Una formula inedita che ha spiazzato le istituzioni, paralizzate di fronte al mastodontico conflitto di interesse. I supporter amano sottolineare la dirompente forza innovatrice e antisistema del trumpismo.  Ma per molti altri – per la maggioranza che ha votato contro (ad oggi per 2,7 milioni di voti) –  lo stile di Trump evoca sinistramente gli annali dei fascismi americani, delle derive xenofobe e maccartiste.

Mussolinianamente, Trump passa dalla torre d’avorio in cui compone un esecutivo di miliardari e generali al tifo delle arene in cui articola emozionalmente il «movimento popolare». «Rappresento i lavoratori del mondo» afferma il palazzinaro con fabbriche in Cina. «Io li amo e loro amano me».  Il paradosso è la cifra soverchiante degli editti in cui alterna militarismo e isolazionismo; affarismo e protezionismo, in attesa di metterli improbabilmente alla prova.

Intanto prosegue lo show, con lo speciale Fox affidato a Harvey Levin, decano del trash televisivo, con cui ha condotto un tour del «kitsch imperiale» dei suoi appartamenti alabastrati nella Trump Tower. Assaggio berlusconiano di cafonaggine consacrata a rappresentazione di corte. È l’etica ed estetica di un autarca narciso – o qualcosa di nuovo? Una aberrante anomalia che promette per molti versi di mettere alla prova lo stesso «esperimento americano»?

La domanda, in questo universo «post-ideologico», interessa da vicino il resto del mondo. Si tratta, per citare Time, di politica come performance, fatta di buoni e cattivi e suspense. Un copione come ama ripetere lo stesso Trump – senza rassicurare nessuno – che ancora non è stato scritto.