Con la conclusione della conferenza nazionale dei quadri dirigenti, domenica scorsa, si è conclusa la lunga e dolorosa marcia di Syriza verso la scissione. Il partito a cui si è rivolto Alexis Tsipras è un partito molto diverso da quello che ha vinto le elezioni di gennaio. La trasformazione definitiva sarà sancita dal congresso che si terrà dopo le elezioni e dal risultato elettorale dipenderà anche il futuro della sinistra greca.

Domenica Tsipras si è scagliato contro i media greci che «hanno trasmesso l’immagine di un partito in via di disgregazione, incapace di condurre un’efficace battaglia elettorale». La verità, per l’ex premier, è completamente diversa: «Siamo in piedi e continueremo a dare dura battaglia contro il vecchio sistema politico che ha provocato la crisi».

Chissà si è vero. Syriza ha dovuto fare i conti con la sua anima massimalista con grande ritardo. L’equivoco sulla permanenza o no del paese nell’eurozona era emerso già alla elezioni del 2012 ma di fronte alla prospettiva di una vittoria elettorale si è pensato che era più saggio nasconderlo sotto il tappetto. E non solo. Anche durante il breve periodo di governo, Tsipras si è accorto che le sollecitazioni più serie verso una politica di governo non venivano dal suo partito ma dai «tecnici» di area, con pochissime eccezioni.

In pratica, i ministri di Syriza sono stati capaci di raccogliere solo le richieste più eclatanti degli strati popolari e a tradurle in leggi: i provvedimenti per le famiglie senza reddito e la rateizzazione di tutti i debiti verso il fisco e le casse pensionistiche. Per il resto, zero: né uno studio sulle tasse agli armatori, né un piano sulla riforma della pubblica amministrazione, né una gestione almeno essenziale dei flussi migratori. Se Syriza avesse mostrato maggiore capacità di governo, forse anche il fallimento dei negoziati con i creditori avrebbe avuto un significato politico diverso.

Ora Tsipras cerca di recuperare proprio sul terreno della riforma interna: domenica ha declinato l’accezione del pericolo di ritorno del «vecchio regime» in tutti i modi. Un mese fa avrebbe convinto senza grande sforzo moltitudini anche maggiori rispetto al 37% di gennaio. Ora la dura polemica tra gli ex compagni si aggiunge alla evidente pochezza politica e programmatica del suo partito. Ancora una volta Tsipras si trova da solo a dare battaglia, seguito a distanza da un partito lento, confuso ma soprattutto imbarazzato nel difendere un brutto accordo.

Il leader di Syriza deve recuperare la fuga di elettori da sinistra, che non sarà superiore al vecchio 4% ottenuto da Syriza nel periodo pre-crisi. Ma deve fare uno sforzo anche maggiore per recuperare elettori da destra, coloro che avevano votato per la prima volta la sinistra e che ora sono delusi e tentati di tornare ai vecchi partiti di provenienza, specialmente verso Nuova Democrazia.

In sostanza Tsipras deve dare la battaglia della «sinistra di governo» combattendo su tutti i fronti. Con l’aggravante della memoria molto viva della parabola seguita nei decenni precedenti dal Pasok, da partito popolare e «rivoluzionario» del carismatico Andreas Papandreou a partito liberista. Un precedente molto discusso in Grecia in questi giorni, anche a sproposito: i leader socialisti hanno abbracciato il liberismo, Tsipras è stato costretto a fare un passo indietro ma non certo non è un liberista.

La scommessa di Tsipras è estremanete rischiosa. Se non riuscirà a ottenere la maggioranza assoluta di 151 deputati e se, come dicono alcuni sondaggi, il partito alleato dei Greci Indipendenti non riuscirà a superare la soglia del 3% per entrare in Parlamento, allora anche l’ipotesi di una sinistra di governo subirà una cocente sconfitta. Tsipras sarà costretto ad allearsi con qualche partito pro-austerità e il primo candidato è già da tempo il partito to Potami («Il Fiume») del personaggio televisivo Stavros Theodorakis. To Potami, lo sappiamo, è una creatura dell’emittente Tv privata Mega, appartenente al maggiore appaltatore del paese e gode, non a caso, di grandi simpatie tra la socialdemocrazia europea. A Bruxelles l’inclusione di Theodorakis nella colazione di governo costituisce una garanzia per l’applicazione dell misure di austerità.

Per Tsipras invece un’alleanza del genere costituirà un potente freno verso qualsiasi politica di riforma interna nel senso di una più equa distribuzione del peso della crisi.