Sloviansk è in mano all’esercito di Kiev, la bandiera nazionale giallo blu sventola sul tetto del municipio, in quello che appare ormai l’attacco finale del governo di Majdan contro i ribelli filorussi, riparati a Kromatorsk, dove nelle prossime settimane potrebbe consumarsi l’esito di questa guerra di cui si è parlato troppo poco. E che ha ucciso oltre 200 civili, tra cui, giusto due giorni fa, una bambina di soli cinque anni. Carne da macello, in un paese su cui si sono consumate l’impreparazione dell’Unione europea, la lunga mano degli americani e ogni tipo di delinquenza locale, compresa quella dei neonazisti e dei padroni del paese, gli oligarchi.

Il premier della autoproclamata repubblica popolare di Donetsk Aleksandr Borosai ha confermato che la città è tornata sotto il controllo delle forze di Kiev «per la loro schiacciante superiorità numerica» e che le milizie hanno lasciato Sloviansk all’alba di ieri, insieme al comandante Igor Strelkov e stabilito il loro nuovo quartier generale nella vicina Kramatorsk.

L’azione dell’esercito nazionale, diretto dal neo presidente Poroshenko, pare inoltre seguire step by step, come direbbero gli americani, il piano strategico gentilmente offerto da un gruppo di ricerca made in Usa all’Ucraina. Secondo quanto emerso in questi giorni, la Rand Corporation, un think tank statunitense, finanziato dal Dipartimento della Difesa (con oltre 1000 ricercatori e sedi anche in Europa) avrebbe escogitato un piano in tre fasi, suggerito a Poroshenko per ottenere il pieno controllo sul paese.

I documenti (nella foto in questa pagina) sono stati pubblicati dal sito Globalresearch.com (un gruppo di ricerca indipendente canadese) e testimoniano quanto già si sapeva, per quanto riguarda la direzione americana delle operazioni. Allo stesso tempo, specie nella terza fase delle operazioni, si aprono inquietanti dubbi sulle modalità della riconquista. E quanto sta accadendo in Ucraina sembra precisamente descritto dalle indicazioni dei ricercatori diretti dal dipartimento della Difesa Usa. Il primo passo suggerito a Poroshenko è quello di circondare le zone gestite dai ribelli, considerando tali chiunque non si pieghi al volere dell’esercito ucraino.

Il secondo passo è quello di colpire i punti sensibili costringendo alla fuga i ribelli (come sta puntualmente avvenendo). Nel documento i ricercatori suggeriscono anche la creazione di campi di prigionia, corpifuoco e infine, nel terzo e ultimo passaggio, l’esaltazione delle geste eroiche dei soldati dell’esercito nazionale e la chiusura dela zona a qualsivoglia giornalista straniero.

Conditio sine qua non per sistemare gli affari rimasti in sospeso con qualche ribelle pericoloso anche una volta riportato il controllo delle regioni orientali sotto Kiev. Nel documento si richiede anche l’indebolimento dell’oligarca Akhmetov, per fare si che tutta la ricchezza mineraria delle regioni orientali controllate dal tycoon, finisca per ricadere sotto un controllo più agevole per il nuovo padrone, un altro oligarca, ovvero Poroshenko. Più specificamente, la dinamica suggerita è la seguente: i veicoli blindati devono entrare nelle città (come emerso in questi giorni), mentre gli uomini armati devono aprire il fuoco contro le milizie di «terroristi». Tutta la popolazione maschile delle città conquistate, deve essere evacuata in speciali campi ad hoc.

Il documento sottolinea l’importanza di questi campi- prigioni, perché dovranno accogliere soprattutto i rappresentanti dei ribelli più ideologizzati. Internet e i telefoni devono essere disabilitati e viene suggerita l’imposizione di un coprifuoco. È necessario poi, si legge nel documento, ripristinare le normali condizioni di vita, rafforzare i confini con la Russia e fare ritornare i profughi. Invece, per i teroristi macchiatisi di crimini, bisognerà provvedere a confiscare i beni.

E quel che è peggio, è che tutto pare andare in questa direzione precisa. Ieri è stata una giornata decisiva, con la conquista di Sloviansk l’esercito di Kiev ha messo in grave difficoltà i filorussi, che non a caso si sono rivolti a Putin chiedendo aiuto. Il presidente russo però non sembra più particolarmente sensibile alle loro sorti: con la Crimea e la confusione che ha messo in evidenza l’inadatta Ue e la consueta presenza americana ha già ottenuto il proprio scopo. E con Poroshenko, come si è evinto da mosse precedenti, i contatti ci sono e chissà che non si possa trovare un modo di avere rapporti commerciali. Chi è alla disperazione, è il popolo delle regioni orientali, la cui vita è entrata in un abisso dal quale l’uscita potrebbe essere perfino peggiore.

In tutto questo le terze parti non stanno ferme: ieri hanno preso il via nel Mar Nero esercitazioni militari sia della Russia sia della Nato, a segnare il momento decisivo della crisi ucraina.