Secondo gli elementi in possesso del Procuratore di Catania Giovanni Salvi – che ieri ha tenuto un’affollata conferenza stampa a Catania – i numeri dei passeggeri a bordo del barcone rovesciatosi, oscillerebbero tra i 700 e 900. Il primo superstite dell’immane ecatombe, la più grande mai avvenuta, trasportato d’urgenza all’ospedale Cannizzaro di Catania per motivi non legati al naufragio, ma per patologie proprie, ha raccontato di aver viaggiato con circa 950 altri profughi, 250 donne e 50 bambini, dall’Algeria, Egitto, Somalia, Nigeria, Senegal, Mali, Zambia , Bangladesh, Ghana.

Secondo quanto ribadito dalla procura, le operazioni di salvataggio e ricerca di superstiti, avranno la precedenza sulle investigazioni. Le autorità procederanno per i delitti di naufragio colposo, omicidio colposo plurimo e reati in materia di traffico di migranti. Il procuratore Salvi ha affermato di considerare Triton un passo indietro rispetto a Mare Nostrum, perché quest’ultimo consentiva, almeno, un immediato soccorso, mentre adesso anche solo i tempi di raggiungimento delle imbarcazioni in avaria o in seria difficoltà come nei casi di capovolgimento, pregiudicano l’efficacia di qualsiasi intervento.

Per il reggente della Procura etnea, in ogni caso – valutando costi e benefici – oggi la situazione è più complessa e difficile, «ma sia Triton che Mare Nostrum sono dei palliativi». I migranti tratti in salvo, 28, erano attesi al porto di Catania tra le 23,30 e la mezzanotte; tutto è stato predisposto per l’accoglienza. Si tratta di un angosciante remake, centinaia di persone continuano a morire, mentre l’espressione «apertura di canali umanitari» puntualmente evocata, annega insieme ai respiri di tanti, che si ritrovano in viaggio con il solo bagaglio della speranza. E regola ed emergenza si vanno confondendo.

Un altro ossimoro contemporaneo è quello dei frangenti emergenziali che dovrebbero essere occasionali e che invece si ripetono regolarmente. Negli occhi di chi osserva le procedure di accoglienza, c’è una profonda tristezza, che si sente e si respira nel silenzio inframezzato dalle voci provenienti dalle banchine e dal rumore del mare, che diventa lamento quando l’immaginazione viaggia al largo dove quelle persone hanno ceduto la propria vita per l’ipocrita indignazione che tanto parla e davvero poco fa e quando fa, regredisce nei suoi strumenti di salvataggio come nel superamento dell’operazione Mare Nostrum per Triton.

E mentre il cielo si copre di nuvole e l’aria primaverile catanese in quel porto si inumidisce della commozione e del turbamento che prende alla sprovvista anche chi già ha vissuti di momenti d’attesa simili, come tanti volontari di associazioni come l’Arci o gli attivisti della rete antirazzista che ha organizzato un corteo per mercoledì prossimo, a pochi chilometri, all’interno del Cara di Mineo, il più grande centro di richiedenti asilo d’Europa, già sotto i riflettori per le vicende di Mafia Capitale, la notte di domenica è stato sgominato il nucleo operativo siciliano di una organizzazione criminosa transnazionale di trafficanti di esseri umani, oggetto dell’indagine «Glauco 2» condotta dalla Procura di Palermo guidata da Francesco Lo Voi.

La rete criminale si estendeva dalla Libia fino alla Sicilia, Lazio e Lombardia. Fermati in 24, sono tutti accusati di associazione a delinquere e favoreggiamento di immigrazione e permanenza clandestina. Sono stati nuovi approfondimenti disposti dal procuratore aggiunto Scalia e dai sostituti Ferrara e Camilleri a confermare che il centro di Contrada Cucinella fosse il terminal dell’associazione criminale e che i soggetti coinvolti operassero anche tra Catania e Agrigento. Sono eritrei, etiopi, ivoriani e ghanesi e tra loro c’è quello che viene ritenuto la mente di un’altra tragica traversata, quella del 3 ottobre del 2013 in cui persero la vita 366 persone a pochi chilometri dall’isola di Lampedusa.

E così centinaia, migliaia di esseri umani la cui disperazione è tale da lasciare case e averi, mettono la propria vita e quella dei propri figli nelle mani di queste persone. E intanto al Porto di Catania, sono arrivati i sopravvissuti scampati alla morte nel blu profondo del Mar Mediterraneo. «L’Italia non può e non deve essere lasciata da sola». Abbiamo tante volte sentito questa richiesta. «L’Italia non sarà lasciata sola» è stato sempre risposto ad ogni nuova ripetuta occasione. Ma forse sarebbe ora di una vera e profonda riflessione sulle ragioni della fuga e sul perché queste persone, sono perennemente in fuga.