«Come si fa a immaginare che un governo, una maggioranza e un presidente del Consiglio che hanno fatto delle riforme il loro programma possano sopravvivere alla clamorosa sconfessione che sarebbe la vittoria del “no” sulla “madre di tutte le riforme”?». Anche gli ammiratori hanno i loro rischi del mestiere. Può succedere che l’oggetto del loro amore, amore politico in questo caso, sterzi bruscamente e improvvisamente, mandandoli fuori strada. Sul referendum costituzionale Matteo Renzi ha sterzato, altroché.

Se prima annunciava dimissioni immediate in caso di sconfitta – «il giorno dopo la vittoria del No vado via e smetto con la politica» – adesso spiega che non cambierebbe praticamente nulla: «Comunque vada il referendum, si vota nel 2018». Nel frattempo è andato in stampa, in libreria e persino nelle caselle di posta di tutti i deputati Pd prima delle vacanze – regalo del capogruppo «come strumento di lavoro» – il libro dal quale è tratta la nostra citazione iniziale: Aggiornare la Costituzione. Storia e ragioni di una riforma (Donzelli, 197 pagine, 16 euro); contiene un saggio dello storico Guido Crainz e un’appassionata illustrazione del contenuto della legge di revisione costituzionale Renzi-Boschi firmata da Carlo Fusaro. Professore di diritto pubblico comparato a… Firenze, Fusaro è consigliere ascoltato dalla ministra delle riforme e gli è stata affidata una rubrica sull’Unità dove va a caccia delle bugie dei «Pinocchi del No», e non trovandole qualche volta le inventa.

Prima di essere consigliere di questo governo e prima che i suoi testi venissero distribuiti in omaggio ai deputati democratici, Fusaro era stato tra i suggeritori in tema di riforme costituzionali del governo Berlusconi e in particolare del ministro delle riforme Bossi. Tra il 2002 e il 2003 fece parte di una ristretta commissione di saggi, autorevolmente guidata dall’avvocato penalista di Bossi, che elaborò il progetto di quella che è passata alla storia come la «Costituzione di Lorenzago». Chi ricorda solo la baita del Cadore, Calderoli e Tremonti padri costituenti in maglioncino di filo, rischia di trascurare il ruolo del professor Fusaro. Il quale fu conseguentemente impegnato nella campagna per il Sì anche in quell’altro referendum costituzionale, quello che il centrosinistra – e nel centrosinistra anche Matteo Renzi – vinse votando No alla «devolution» di Berlusconi e Bossi. Eppure in quella riforma non mancavano tratti di somiglianza con l’attuale, dunque potremmo concludere che tra Renzi e Fusaro il più coerente è il professore.

Dall’altra parte della barricata, è cioè schierato per il No al referendum sulla riforma Renzi-Boschi, c’è un libro simile nell’approccio di «vademecum» sul contenuto della riforma, ma ovviamente opposto nel contenuto. Loro diranno, noi diciamo (Laterza, 147 pagine, 10 euro) è firmato da uno dei principali costituzionalisti italiani, Gustavo Zagrebelsky, con Francesco Pallante, docente di diritto costituzionale a Torino e autore noto ai lettori del manifesto. Avversari sin dal principio del disegno di legge di revisione costituzionale e dell’iniziativa riformatrice di Renzi (il libro ne ricostruisce con chiarezza la genesi e l’evoluzione), e dunque al riparo dalla propaganda, Zagrebelsky e Pallante finiscono paradossalmente per cogliere le reali intenzioni del presidente del Consiglio meglio dei consiglieri di palazzo Chigi.

Scrivono infatti gli autori, a proposito della Costituzione trattata come materia di stretta appartenenza del governo, che si è raggiunto «il colmo: la questione di fiducia posta addirittura agli elettori, per l’approvazione referendaria della riforma (“o me o la riforma”, sempre che si voglia prendere sul serio un simile proclama da parte di uno che non eccede in coerenza ed eccede invece in spregiudicatezza)». In effetti non andava preso sul serio, come dimostra la conversione a U dalla quale siamo partiti.

Entrambi i libri sono comunque utili, anche quello dei «professori per il Sì» dove si legge con interesse il saggio di Crainz, che pure è evidentemente favorevole all’impresa renziana. Nel ricostruire la lunga storia dei tentativi di cambiare la Costituzione, lo storico scrive che «anche il Pci di Berlinguer nel 1981 parla di monocameralismo, ed esso è presente nelle riflessioni di Ingrao: fermi restando però il sistema elettorale proporzionale e la “centralità del parlamento”. È assolutamente improprio dunque indicarli come padri della riforma attuale». Giustissimo, ed è il caso di ricordare che a presentare Berlinguer come ispiratore della riforma Boschi è stato proprio Renzi con un «colpo a sorpresa» sparato nel giorno dell’apertura della campagna per il Sì a Bergamo (con tanto di riferimento sbagliato a un vecchio articolo dell’Unità).

Crainz ha ragione anche quando scrive che «è altrettanto improprio ignorare che i leader più autorevoli del partito comunista ritenevano necessario già allora modificare la seconda parte della Costituzione», il punto è però: dove e come modificarla. E soprattutto in che rapporto con la legge elettorale, quella attuale essendo l’iper maggioritario Italicum. Ancora Crainz nelle ultime righe del suo saggio riconosce «È giusto considerarla (la riforma costituzionale, ndr) assieme alla legge elettorale, come sostengono gli oppositori». La tendenza renziana è al momento opposta: «Il referendum non è sull’Italicum», ripete il presidente del Consiglio, che pure non troppo tempo fa firmava note congiunte con Berlusconi per spiegare come la legge elettorale e la riforma costituzionale fossero due facce della stessa medaglia. «L’accoppiata Italicum-revisione costituzionale rende evidente come il vero obiettivo delle riforme sia lo spostamento dell’asse istituzionale a favore dell’esecutivo», è la sintesi di Zagrebelsky e Pallante.

Entrambi i libri contengono in appendice il testo della Costituzione vigente affiancato a quello, assai più lungo e complicato, di quella che diventerà la nuova Costituzione in caso di approvazione della riforma con il referendum. Nel libro schierato per il No ai due testi giustapposti non è aggiunto alcun commento. Nel libro schierato per il Sì ci sono delle note di spiegazione e commento, di Fusaro.