«Quando abbiamo reso pubblico che il costo dei campi rom per Roma è di quasi 24 milioni l’anno, tutti soldi che vanno ai famosi gestori di servizi, dalla giunta e dalla maggioranza per lo più la reazione è stata: è meglio che queste cifre non girino». Riccardo Magi, presidente di Radicali italiani, eletto in Campidoglio nella lista Marino, racconta del dossier presentato con l’associazione 21 luglio prima che esplodesse il fattaccio di Mafia Capitale. Più volte Marino e la maggioranza lo hanno bacchettato. A volte anche invitato a lasciare la maggioranza.

All’indomani degli arresti il sindaco dice che il cambio di Roma è avvenuto sin dal suo insediamento, nel 2013. È così?

Invito il sindaco a riflettere su una cosa. I reati su cui si indagasono avvenuti nel campo del sociale, campi rom e centri immigrati, attraverso affidamenti illegittimi di servizi: affidamenti diretti senza gare, o proroghe illegittime. Ma queste pratiche non le fa direttamente la politica. Per assurdo se avessimo tutti i consiglieri e gli assessori collusi, nel livello dei dirigenti con potere di firma e di spesa doveva accendersi una spia. Invece è anche lì che sono passati decine di atti e milioni di euro. Vuol dire che il sistema dei controlli interni non funziona. Ci sono state le omissioni di dirigenti molto ben pagati. Quel sistema va riformato e lì dovrebbe incidere la riforma della pubblica amministrazione. Serve a poco parlare di inasprimento delle pene, fra l’altro abbiamo i processi più lunghi d’Europa.

Il Pd fa quadrato su Marino. I 5 stelle invece chiedono lo scioglimento del Comune: Marino deve andare avanti?

Le dico una cosa. Dopo la prima esplosione dell’inchiesta, a dicembre, per sei mesi l’amministrazione è stata paralizzata, con il fiato sospeso in attesa della nuova ondata di arresti. Il Pd, è il partito di stragrande maggioranza, ha fatto più che altro un’operazione estetica per essere più presentabile. Molte iniziative mediatiche, ma non iniziative di governo all’altezza della situazione.

Cosa doveva fare?

I campi rom, per esempio, si possono chiudere. Non con le ruspe, come dice Salvini, ma con il cervello e con le buone prassi come in altri paesi, accedendo ai fondi europei. Diventerebbe l’ occasione per politiche rivolte non solo ai rom ma a tutti i cittadini in difficoltà abitativa. E invece su questo oggi siamo allo stesso punto di due anni fa. È scoppiato il bubbone sui centri di accoglienza, ma anche lì non si è fatta non dico una riforma, neanche il monitoraggio sulle convenzioni e sui servizi previsti ma non erogati. Nei prossimi giorni noi lanceremo due delibere popolari: una per il superamento dei campi rom e l’altra per una riforma del sistema dei centri accoglienza per rifugiati.

Vuol dire che fin qui il sindaco non ha fatto un granché?

A mio avviso si è svelato un problema di sistema, che infatti abbraccia trasversalmente forze e amministrazioni di diverso colore. Il sindaco invece crede che sia un problema di mele marce. Ma se da dicembre queste mele marce non ci sono più, cosa ci impedisce di andare spediti? Non certo l’opposizione, perché se il Pd raccoglie i cocci, il centrodestra è polverizzato.

Perché non andate spediti?

Perché l’azione di governo della città è incerta, tentennante. Il sindaco avrebbe l’appoggio mediatico e quello popolare. Ma deve decidere la discontinuità.

Per esempio lei chiede la chiusura dei campi rom?

Sì, e ripeto, non aspettando la pressione delle ruspe di Salvini. Oppure parliamo di grandi opere: l’anno scorso abbiamo fatto un esposto sulla Metro C. E presto si scoperchierà anche questa pentola. È la più grande opera in realizzazione in Italia, sotto il controllo del comune a cui però è sfuggita completamente di mano. È saltato il quadro finanziario e quello giuridico, non c’è un progetto definitivo. Perché l’amministrazione mette a tacere la cosa piuttosto che comportarsi come soggetto danneggiato qual è? C’è un’inchiesta della procura, una della Corte dei conti che ha già contestato 360 milioni di danno erariale, c’è un’inchiesta dell’Anac, Cantone ha mandato una relazione molto dura accogliendo tutti i nostri rilievi. Cosa si aspetta? Perché Marino non punta i piedi, cosa che non hanno fatto né Veltroni né Alemanno, e chiede i danni anziché continuare a pagare centinaia di milioni di euro extra bando, finendo dalla parte del torto?

Scusi, non ho capito: Marino se ne deve andare?

Marino colga questa seconda e ultima chiamata, ma faccia un patto con la città e con la maggioranza: sue due-tre cose centrali. L’onestà non basta, dovrebbe essere scontata. Per andare avanti come ora, tanto vale staccare la spina. Anche se elezioni non sono una panacea. Se non capiamo quanto è intaccato il livello amministrativo, rischiamo di cambiare le facce ma poi di ritrovarci con gli stessi problemi.

Crede che il comune potrebbe essere sciolto per mafia?

Vedremo cosa dice la relazione della commissione prefettizia e quanto l’organizzazione criminale era in grado di controllare la macchina amministrativa, anche al di là della politica, fino nelle stanze del Campidoglio dove si prendono le decisioni.

Il Pd è certo: andare avanti.

Ma il Pd ha la capacità di dare al sindaco un contributo diverso da quello che c’è stato finora? Sembrano molto più impegnati a tenere insieme il partito. E c’è molta confusione fra partito e istituzione. Ogni volta che succede qualcosa Marino va a sentire il commissario Orfini: con tutto il rispetto, Orfini non è il vicesindaco. Marino parli con la sua maggioranza. Non possiamo mettere il governo di Roma a servizio del lifting del Pd.