«Mi sarebbe piaciuto che almeno la sua recente intervista Renzi l’avesse fatta con l’Unità e non su Repubblica». È triste ma decisa la voce di Umberto De Giovannangeli, storico inviato del quotidiano fondato da Gramsci e oggi membro del cdr: «Perché se il dibattito sul partito lo apri altrove e non sul tuo giornale, dai un segnale ben preciso».

Brutto, purtroppo.

Il giornale del Pd, ormai in autogestione, si muove in un limbo. Mentre scriviamo, l’incontro promesso da Renzi al direttore Sergio Staino è ancora lontano.

Il segretario ha trovato il tempo di andare a vedere di persona la situazione a Scampia ma non nelle stanze del «suo» giornale. Quello di cui due anni fa diceva entusiasta: «Dobbiamo fare una grande scommessa sul brand, così da avere una community dell’Unità».

La «community», già, proprio quella che, un anno e mezzo dopo il ritorno in edicola, è collassata sotto il peso della rottamazione e degli strappi del giovane segretario, portando le vendite al lumicino e la testata in una situazione disastrosa.

Tanto che il primo febbraio i due soci di Unità srl (80% Pessina e 20% fondazione Eyu, a sua volta divisa tra il 60% al Pd e il 40% di Piacentini Costruzioni spa) decideranno se andare avanti ricapitalizzando o portare i libri in tribunale.

Con la non trascurabile circostanza che stavolta gli amministratori hanno già dato in pegno la testata alle banche per avere una linea di credito.

Così, se tutta questa lunga storia editoriale e politica dovesse finire, nulla resterà, neanche il nome. Da testata nota nel mondo al dare e avere di una banca torinese.

In questo quadro drammatico, De Giovannangeli tiene la barra: «La vicenda dell’Unità non è un problema industriale ma politico, questa testata più che un brand è una comunità, una storia condivisa, Renzi non ha mai chiarito a quale visione dovesse contribuire il giornale, a cosa servisse, a quali lettori dovesse parlare».

La verità politica – sottaciuta – è che 18 mesi fa il nuovo re del Nazareno doveva evitare soprattutto che il giornale in liquidazione finisse ai suoi avversari interni, più che tornare agli antichi fasti.

Emanuele Macaluso, l'Unità, 18 gennaio
«Due imprenditori hanno la maggioranza delle azioni del giornale, perché le hanno acquisite? Sono interessati a immettere nella società idee progressiste o solo ad avere l’appoggio del governo per i loro più immediati interessi?»

Un tema messo a fuoco ieri da Macaluso, che proprio in prima pagina ricordava che per fare un giornale «di partito» servirebbe innanzitutto un partito. E poi porgeva al Pd una domanda precisa: «Due imprenditori hanno la maggioranza delle azioni del giornale, perché le hanno acquisite? Sono interessati a immettere nella società idee progressiste o solo ad avere l’appoggio del governo per i loro più immediati interessi?».

Anche qui, il silenzio. Dal Nazareno nessuno parla volentieri.

In redazione il rapporto tra Staino e il direttore «politico» Andrea Romano è definitivamente compromesso. Per le ultime vicende ma anche, dicono, per il titolo sulla morte di Fidel Castro: fine di un «sogno» o di una «illusione»? Una lite che può diventare epigrafe per la nuova Unità, per chi ci lavora e per chi la legge.

Oggi il cdr studierà con Fnsi ulteriori vie legali contro gli editori e la strada per i possibili ammortizzatori sociali nel caso peggiore.

Mentre questa crisi precipita nel grottesco se non nel fraudolento. Il partito del segretario giovane e social, quello che voleva «scommettere sulla community», ha anche «scippato» al giornale il suo storico sito internet: unita.it.

Infatti oggi il quotidiano di Gramsci in rete non esiste. Esiste solo un sito che prende il suffisso (unita.tv) dagli atolli polinesiani delle Tuvalu, non ha un direttore responsabile, non è dell’editore dell’Unità ma di altri (Eyu) e pubblica gli articoli del giornale di carta senza che vi lavori un giornalista del cartaceo.

Una gestione schizofrenica se non piratesca del «brand Unità». E vertenza decisiva qualora il giornale cessi le pubblicazioni cartacee.

Per questo il cdr il 5 gennaio scorso, tramite lo studio legale Del Vecchio, ha diffidato le proprietà dal proseguire le pubblicazioni on line in questo modo, chiedendo il ritorno al sito storico e distintivo della testata unita.it e il rispetto di tutte le leggi e gli accordi in materia.