Diversi a Roma sono gli itinerari del potere. Le strade che ospitano sedi istituzionali o palazzi storici si riconoscono per via delle auto blu e degli autisti che fumano in attesa. Alle volte dalla presenza di una piccola folla di giornalisti. Ma ci sono altri palazzi che, altrettanto legati ai potenti, nessuno conosce. A Roma esiste, ancora, un’altra possibilità. Sono le stanze dove si decidono le trasformazioni urbanistiche. Quelle dove vengono concepite operazioni che una volta misurate e pesate a seconda della rendita che produrranno, iniziano il loro viaggio verso il Campidoglio. Sono posti anonimi, senza segni riconoscibili.

Fino al 4 maggio del 2008, ad esempio, nessuno aveva mai fatto caso a quella palazzina senza portiere posta all’inizio di Corso Rinascimento, tantomeno a quel signore, che ogni giorno all’ora di pranzo, usciva dirigendosi verso il Pantheon. Quel giorno Report manda in onda su RaiTre un servizio di Paolo Mondani intitolato «I Re di Roma». Sono immagini rimaste in frigorifero per qualche mese per non interferire con la campagna elettorale che avrebbe portato Gianni Alemanno sulla poltrona di sindaco. È allora che tutti scoprono che quel palazzo anonimo, nato dagli sventramenti del tessuto rinascimentale voluti da Mussolini, è un luogo del potere e che quel signore che ne esce ogni giorno è uno dei maggiori costruttori romani: Sergio Scarpellini. Al primo piano di quel palazzo, un tempo di proprietà dell’Istituto nazionale delle Assicurazioni, c’è la sede delle sue società e quella della capofila Immobiliare Milano 90srl. Sconosciuto ai più, Scarpellini è noto a chi l’ha visto muoversi, fin dai primi anni Settanta, nei cantieri edili della città. Dopo aver fatto per molto tempo il subappaltatore per i costruttori storici, si mette in proprio. I palazzinari lo hanno sempre snobbato. Ciò qualche volta lo ha messo al riparo da clamorosi crolli. Continuando a tirar su mattoni: «Lo faccio da quando avevo 12 anni» è una delle sue frasi ricorrenti.

Tangentopoli neppure lo sfiora, ma il conseguente blocco edilizio, che attanaglia per qualche anno il mercato, vede la sua Milano 90 in grande difficoltà. Le banche che lo finanziano gli prendono la metà delle azioni delle principali società. Il Banco di Napoli gli sta addosso per riavere i suoi crediti. Non dura molto, perché il «sor Sergio» (per gli amici) e il «dottore» (per i suoi dipendenti), capisce prima di altri che costruire non è redditizio quanto speculare sul cemento che esiste già. Così, non ha bisogno di spostarsi di molto da quel palazzo di Corso Rinascimento per inventare «l’affitto vuoto per pieno». Affitta grandi palazzi del centro storico dal patrimonio in dismissione e li gira a chi, come la Camera dei Deputati (presidente Luciano Violante) cercava lo spazio che non trovava. Scarpellini non si limita a cedere in locazione le stanze. Le ristruttura, cura gli arredi e fornisce «il personale», una moltitudine di ragazzi e ragazze intubati in vestiti nero. Lo vende ai suoi clienti battezzandolo «global service». È un successo. Tanto che alle stanze dei deputati si sommano quelle concesse al Tar e al Senato. La sua Milano 90 alla fine del millennio ha un attivo di oltre 11 miliardi di lire di utili.

Il sistema Scarpellini continua anche negli Anni zero. Con Veltroni sindaco ecco pronta la sede dei gruppi consiliari capitolini. Scarpellini è ormai il riconosciuto spacciatore di palazzi ufficiali per le istituzioni. Con un simile pacchetto di clienti ed entrate garantite per il «sor Sergio» si riaprono gli sportelli di banca e piovono mutui e crediti. Torna così al suo primo amore: il mattone. Acquista le aree (Romanina e Madonnetta) dove il nuovo Piano regolatore avrebbe poi deciso di costruire su terreni privati le proprie centralità. Costruisce 400 appartamenti in zona Eur. Offre i propri terreni (500 ettari) ai Sensi per farne lo stadio della Roma, ma questa partita la perde. Restano i cavalli e le vittorie della sua scuderia.