La mobilità, in Italia, è insostenibile. E per di più è ferma. Un ossimoro che spiega perché in confronto all’Europa – con l’eccezione di qualche zona del nord – siamo un paese che soffoca nel traffico e viaggia arrancando. Più fortunati solo quei passeggeri che possono permettersi di spostarsi sulle poche tratte ad alta velocità che però continuano ad aumentare di prezzo. Per i pendolari invece è il solito calvario. Nelle grandi città, dove si galleggia nello smog, la situazione non cambia. Roma, per esempio, nel 2016 non ha realizzato tratti di metropolitana e tram e in teoria – qualora per miracolo si ribaltasse la situazione – impiegherebbe 80 anni per recuperare le distanze con le città europee in termini di km di metropolitane ogni 1.000 abitanti.

Il desolante fermo immagine trova conferma nel rapporto Pendolaria presentato ieri da Legambiente a Palermo. Perché nel capoluogo siciliano? “Abbiamo scelto Palermo – ha spiegato Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – proprio perché sono il sud e le città le emergenze dei trasporti nel nostro paese. Cambiare e migliorare la situazione che vivono ogni giorno milioni di pendolari deve diventare una priorità, non solo per ridurre differenze e recuperare ritardi, ma perché è un grande investimento sul futuro del paese”. Ogni giorno in tutte le regioni del sud, che dal 2010 hanno subìto una riduzione del servizio del 21,9%, viaggiano meno treni regionali che in Lombardia (in Sicilia sono 429 contro 2.300). Più lenti e più vecchi.

Tutti i giorni quasi 5 milioni e mezzo di persone salgono su un treno, e sono più o meno le stesse dell’anno precedente (+0,2% rispetto al 2015). A pochi investimenti dunque coincidono solo lievi incrementi di passeggeri. La risorse dello Stato per far circolare i treni regionali sono state ridotte del 19,1% tra il 2009 e il 2016 e solo qualche Regione ha investito per garantire il servizio (mentre si continua ad investire in strade e autostrade). A crescere in maniera evidente, sottolinea Legambiente, sono proprio le “diseguaglianze tra le Regioni” rispetto al numero di viaggiatori e alle condizioni del servizio offerto. Sui 5,5 milioni di pendolari, 2 milioni e 832mila utilizzano treni regionali e 2 milioni e 655 mila si spostano in metropolitana (a Milano, Roma, Napoli, Torino, Genova, Brescia e Catania).

Nel 2016 i pendolari del treno mediamente sono aumentati di poco (+0,7%) così come i passeggeri delle metropolitane (+0,6%), ma a fare impressione sono le “differenze macroscopiche” tra i territori dove sono stati acquistati nuovi treni e quelli penalizzati dai tagli. In Lombardia +1,3% (record con 712mila pendolari), in Emilia Romagna +3% e segno più anche in Alto Adige dove sulle linee riqualificate i pendolari sono triplicati in cinque anni (da 11mila nel 2011 a quasi 32mila). Al sud una desolazione. Calabria: -26,4% di treni in circolazione che corrisponde a quasi un terzo di passeggeri in meno. Campania: -15,1% di treni circolanti e -40,3% di passeggeri (segno negativo anche in Piemonte, con -8,4% e -9,5% rispetto al 2011).

Poi ci sono tratte trasformate in deserto. In questi anni sono stati eliminati 1.120 chilometri di ferrovie, senza contare quei 412 chilometri di rete ordinaria “sospesi” per problemi di inagibilità (Trapani-Palermo, Gemona-Sacile, Priverno-Terracina, Bosco Redole-Benevento, Marzi-Soveria Mannelli in Calabria). In Molise non esiste un collegamento ferroviario con il mare: esisteva dal 1882, da Campobasso alle spiagge dell’Adriatico. Come indicano tutti gli altri parametri socio-economici che raccontano la realtà, è sempre un’Italia che viaggia a due velocità. Dove l’eccellenza esiste ma va di pari passo con la disponibilità economica. L’alta velocità è sempre in crescita (dal 2007 un servizio con segno +394% sulla Milano-Roma che solo nel 2016 ha aumentato del 6% il numero di passeggeri rispetto all’anno precedente). Ma risultati positivi si trovano sempre laddove si punta sul ferro: il tram Firenze-Scandicci, quelli nuovi di Palermo, la linea Palermo-Catania e diverse linee pugliesi.

Per Legambiente la sfida per una mobilità sostenibile si gioca anche nelle città, dove vivono circa 25 milioni di persone. E’ qui che il ritardo con l’Europa è incolmabile. Il totale di chilometri di metropolitane in Italia fa 234,2 (101 a Milano), una cifra che regge il confronto solo con ogni singola città europea: Madrid 291,5 km, Londra 464,2 km, Parigi 219,5 km e Berlino 147,5 km. Ma il problema più grave, si legge nel rapporto, “non sta tanto nel ritardo quanto nell’assenza di progetti per cambiare questa situazione”. Eppure Edoardo Zanchini si dà un obiettivo che ritiene praticabile: “Dobbiamo puntare a raddoppiare i pendolari che prendono treni regionali e metropolitani ogni giorno, arrivare a 10 milioni di persone al 2030 è una sfida alla portata del nostro paese e nell’interesse dei suoi cittadini, con vantaggi non solo in termini ambientali, con ricadute positive sull’occupazione sul turismo”.

Come si fa? Lo Stato, innanzitutto, deve comprare treni. Inoltre, suggerisce Legambiente, bisognerebbe “cambiare le priorità infrastrutturali per dare priorità alle aree urbane e al Sud”. Al momento però non esistono grandi progetti di rilancio della mobilità sostenibile (proprio ieri la Camera ha approvato l’istituzione di ferrovie turistiche) e di potenziamento delle principali linee ferroviarie. Il governo però parlava del ponte sullo stretto di Messina, anche se era solo campagna elettorale.