Nella sala Squarzina del teatro Argentina di Roma, ieri alle tre e mezza del pomeriggio cinquanta attivisti del teatro Valle occupato hanno incontrato i vertici del teatro di Roma (il presidente Marino Sinibaldi e il direttore Antonio Calbi), il neo-assessore alla cultura Giovanna Marinelli e Michela De Biase (Pd), presidente della commissione cultura di Roma Capitale. La notizia è stata annunciata un’ora prima dell’incontro sull’account facebook del Valle: si vuole parlare del futuro del teatro, occupato da tre anni. C’è di nuovo che, da quando il sindaco Marino ha nominato il nuovo assessore alla cultura di Roma, i vertici del teatro di Roma si sono resi disponibili a mediare non con gli occupanti, ma con la «Fondazione Teatro Valle Bene Comune».

Sul tavolo i vertici del teatro di Roma e l’assessore Marinelli hanno disposto tre carte: il Valle non diventerà mai un teatro privato e verrà affidato al teatro di Roma; il Campidoglio riconosce politicamente e artisticamente la fondazione proposta dagli occupanti con la consulenza di giuristi come Ugo Mattei e Stefano Rodotà (incontrato casualmente in largo Torre Argentina prima dell’incontro) e sottoscritta da 5600 soci con un capitale complessivo di 250 mila euro; c’è la disponibilità ad ospitare in altre strutture le attività artistiche prodotte dal Valle.

È stata posta una condizione: gli attivisti devono riconsegnare al più presto le chiavi del Valle al teatro di Roma il quale lo metterà a disposizione della Soprintendenza che, a sua volta, stabilirà i tempi e i modi per lavori di restauro e di messa in sicurezza, giudicati urgenti e improrogabili per la prima volta dopo tre anni di occupazione. In cambio il teatro di Roma si è impegnato a coinvolgere la fondazione in un progetto di «teatro partecipato» e, ancora, di «teatro dei diritti» «che manterrà in vita l’eredità di questo percorso». In questo quadro non è tuttavia chiara l’autonomia riconosciuta alla fondazione.

Disponibili ad un’interlocuzione con le istituzioni, a condizione che sia pubblica e trasparente, gli attivisti del Valle hanno avanzato due proposte: il teatro verrebbe messo a disposizione della Soprintendenza. A garanzia dei suoi interventi hanno proposto un comitato composto da Tomaso Montanari, Salvatore Settis, l’ex ministro della cultura Massimo Bray, Ugo Mattei, Paolo Berdini e Paolo Maddalena. Una proposta che non sembra essere stata accettata.

Poi c’è il capitolo della fondazione del Valle con la quale il teatro di Roma dovrebbe siglare una «convenzione» per proseguire le attività una volta terminati i lavori. Per farlo c’è però bisogno del riconoscimento della sua personalità giuridica da parte del Prefetto, negata a febbraio. «Il Valle resterà pubblico e verrà riconosciuta la gestione di questi tre anni – ha confermato Sinibaldi – Sembra che la strada possa essere la convenzione, anche se resta una piccola indeterminatezza giuridica».

Questa soluzione avrebbe bisogno di tempo. Un tempo che il teatro di Roma e il Campidoglio non sembrano intenzionati a concedere. È una delle contraddizioni in una trattativa che rischia di non iniziare. Per gli attivisti il riconoscimento è fondamentale perché è il completamento di un percorso di auto-governo iniziato con l’occupazione.

Tutto sembra muoversi sul filo del tempo. I mediatori Sinibaldi e Calbi, l’assessore Marinelli e la consigliera De Biase hanno chiesto la consegna del Valle alla Soprintendenza «entro il 31 luglio 2014» come recita un comunicato diffuso in serata. Nel corso dell’incontro è stato spiegato che il motivo di tanta fretta è dovuto all’intervento della Corte dei Conti che ha aperto l’indagine per valutare se il pagamento delle utenze del teatro in questi anni da parte del Comune rappresenti un danno erariale. Ragioni che non hanno convinto il Valle. Per gli attivisti c’è infatti l’ipotesi di altre pressioni politiche sulle istituzioni capitoline che escludono di «volere mandare le forze dell’ordine per sgomberare il Valle».

In serata, gli attivisti hanno giudicato intempestiva e prematura la comunicazione della controparte. «Abbiamo chiesto l’apertura di un tavolo pubblico in cui stabilire insieme il riconoscimento della fondazione – affermano – ma lo hanno rifiutato con un “aut aut” che rischia di cancellare in poche ore questa esperienza. La convocazione si è rivelata di fatto un ultimatum senza margini per ogni possibile dialogo. Da questo momento, il Valle è in pericolo». Oggi, a mezzogiorno, si terrà una conferenza stampa nel teatro occupato. Convocata un’assemblea nel pomeriggio.