In occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è stato presentato a Torino il risultato di un corposo questionario condotto e voluto dal Dipartimento di psicologia dell’Università cittadina e dalle volontarie dell’associazione Telefono Rosa. Rivolto a studenti delle scuole medie superiori e universitari, restituisce la percezione di ragazze e ragazzi riguardo la violenza maschile sulle donne. Molte le domande messe in campo per un campione di studio circoscritto al Piemonte. Per esempio la domanda circa le relazioni d’amore, ovvero se occorra che i partner possano porre dei limiti, quasi la totalità di intervistate e intervistati risponde che non dovrebbero esserci limiti imposti e che la libertà individuale deve rimanere tale. Il percorso è articolato e pur tuttavia nelle conclusioni di Luca Rollè e Cristina Sechi (i due ricercatori in psicologia che hanno somministrato le schede), il campione maschile, seppure con una frequenza percentuale minima, a differenza delle donne, è dubbioso rispetto al diffondersi del fenomeno della violenza e quasi del tutto refrattario a sentirsi in qualche modo coinvolto nel problema.

 

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 «È un lavoro molto efficace perché abbiamo letto il sentire di cinquemila studenti», ci spiega Elena Bigotti, legale civilista che da 20 anni lavora a Telefono Rosa Torino, da sempre attivo nelle scuole e nel territorio. «C’è ancora molto da fare sul fronte della violenza maschile contro le donne», prosegue Bigotti e sintomatico è il modo in cui i ragazzi e le ragazze hanno risposto alla domanda aperta su cosa manchi al contrasto del fenomeno. «Chiedono corsi di educazione sentimentale, al rispetto tra generi».

 

Telefono Rosa Torino fa già corsi di formazione per insegnanti e studenti, di solito coinvolgendo un team formato da legale e psicologa per intervenire soprattutto nelle scuole superiori. Elena Bigotti è netta a riguardo: è la stessa esperienza delle volontarie, insieme al percorso in cui accompagniamo le donne per fuoriuscire dalla violenza, che si affianca da anni anche alla formazione. «Per tutte, e me per prima, si tratta di una spinta ideale», racconta l’avvocata che con passione assiste le donne nei processi di separazione, divorzio, affidamento e tutto ciò che è connesso alla violenza contro le donne. «Siamo una quarantina. Alcune sono legali, civiliste e penaliste, altre psicologhe. Poi ci sono le volontarie preposte alla prima accoglienza della donna e che, anche in seguito, tengono che il contatto continui. Per questa ragione sono figure cruciali». Una struttura come Telefono Rosa ha infatti al centro proprio la relazione.

«Ciò perché – spiega Bigotti – teniamo anzitutto alla narrazione di queste donne, facciamo in modo che siano le loro parole a fluire, soprattutto per fare emergere un progetto, non solo per affrancarsi dalla violenza ma per vivere da donne libere. Non insistiamo mai per la denuncia né le induciamo in qualche modo verso direzioni che non corrispondono con il loro sentire profondo. Il progetto deve quindi essere il loro, noi lo sosteniamo solamente». In collaborazione con case protette, il servizio pubblico, centri ad hoc degli ospedali e centri antiviolenza, Telefono Rosa – dopo il primo contatto telefonico – chiede un appuntamento per un questionario in presenza attraverso cui emergano elementi tesi a ricostruire il vissuto della donna, il suo tessuto relazionale e famigliare. «La scheda – dice Bigotti – è stata pensata per la narrazione. Dopo la prima accoglienza, ci adoperiamo per predisporre incontri orientativi (3 o 4) con le psicologhe. Stessa cosa per le legali che in sede forniscono una prima consulenza gratuita. Quando prendiamo il mandato della donna ciascuna di noi verifica in prima battuta se può accedere al patrocinio a carico dello Stato oppure al fondo vittime della Regione Piemonte per il pagamento delle spese legali. Se non rientra, operiamo ai minimi della tariffa professionale (cioè i parametri del gratuito patrocinio)».

Telefono Rosa è allora anche un termometro dal basso sulla violenza maschile contro le donne, un osservatorio di pratiche, educative e di relazione, che va a comporre i tanti presidi e spazi di libertà sparsi per l’Italia.