Il giorno dopo «Margaret Thatcher» è quello in cui i sindacati litigano fra loro. Renzi non risponde: si gode lo spettacolo, dedicandosi invece ai compagni di partito, inviando una email agli iscritti. Tanto il suo video di due minuti e 32 secondi ha già prodotto un risultato: la Cisl critica la Cgil, anche se in serata cerca di ricucire. E la Cgil, dopo essere andata all’attacco frontale del premier, pare cercare di far scendere i toni, chiedendo un confronto che – fatalmente – mai ci sarà.

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Pur di avere un incontro, un tavolo o uno strapuntino, Raffaele Bonanni si dice perfino disposto a trattare sull’articolo 18. «A me interessa discutere le vicende nel complesso e capire le intenzioni del governo – spiega – ha intenzione di finirla con l’area precaria? Un esercito di giovani truffati, che non risolveranno i loro problemi se non si aboliscono le false partite Iva, i co.co.co nella pubblica amministrazione e i co.co.pro. Questi – conclude Bonanni – devono andare dentro il contratto a tutele crescenti, che a quel punto avrebbe senso. La Cisl è pronta a ogni soluzione, anche a una rimodulazione dell’articolo 18, pur di arrivare a questo». Il leader Cisl poi passa a prendersela con Camusso e la «sparata» del paragone Renzi-Thatcher. «Tra Renzi e la Cgil è tutta una vicenda di partito. Camusso ha sbagliato, un sindacalista non si deve mettere nei meccanismi di partito. Questa storia ci sta portando alla rovina».

Anche sul fronte delle armi di comunicazione, il premier è la lepre e i sindacati inseguono. Sono loro ad affidarsi da novizi ai social network. Prima Facebook e poi Twitter. Si è partiti ieri mattina dalla profilo fb della confederazione: «Al netto delle battute in cui è insuperabile, Renzi ha detto quello che la Cgil va ripetendo da anni. Che non ci devono essere lavoratori di serie A e serie B cioè, che i diritti vanno estesi, che ai giovani che non riescono a crearsi un futuro e una famiglia si devono dare risposte. Lo abbiamo fatto anni fa, quando nessuno si occupava e preoccupava della precarietà dilagante, con la campagna “Giovani non più disposti a tutto», in verità non molto appoggiata dall’organizzazione. «Quella campagna – ricorda la Cgil – fu un fenomeno virale, la politica però la ignorò. Oggi torniamo a dire che lo Statuto dei Lavoratori può essere modificato ma certo non abbassando i diritti ma estendendoli. Stando al tuo video messaggio quindi vogliamo la stessa cosa. Invece di arroccarti e evitare il confronto con noi, #guardiamocinegliocchi e diamo risposte concrete, e non battute ai giovani, al Paese. #fattinonideologie e nemmeno slogan o video, caro Matteo».

Su Twitter invece la Cgil conia un nuovo hashtag #FattiNonIdeologia. «Non vogliamo che chi lavora possa essere licenziato senza una ragione», si leggeva nel primo cinguettio di risposta al video-bordata del premier. «Mandare tutti in serie B non è estendere i diritti e le tutele», era il secondo. Poi ancora: «Basta insulti al sindacato: guardiamoci negli occhi e discutiamone». «Stesso lavoro, stessa retribuzione. No al demansionamento». «Contratto a tutele crescenti? Sì, se si cancellano i tanti contratti che producono precarietà». «La regola più semplice: garantire la dignità di chi lavora». Infine un riferimento diretto all’universo femminile per malattia e maternità: «Estendiamo a tutti i diritti e le tutele».

La prossima settimana chiarirà meglio le cose sul fronte sindacale. Nei primi giorni ci sarà l’incontro delle segreterie per vedere se è possibile trovare una modalità di mobilitazione comune. Nonostante le maleparole di ieri, è probabile che un compromesso si trovi: una manifestazione nazionale Cgil,Cisl, Uil di sabato puntando sui precari è ancora la soluzione più probabile.
Chi in piazza ci andrà sicuramente è la Fiom. Viste le carte di Renzi alla partita di poker ingaggiata con il premier, Maurizio Landini ha buon gioco a smarcarsi e ad essere il più duro contro i provvedimenti del governo: sarà il primo ad andare in piazza il 18 ottobre e a discutere con i suoi venerdì e sabato a Cervia nell’Assemblea nazionale.