La raccolta di graphic novel Rabbia (Einaudi, pp. 329, euro 18) ha decisamente due chiavi di lettura. La prima è legata al titolo, cioè a quel sentimento che irrompe nella discussione pubblica e nelle relazioni interpersonali creando uno spartiacque, una modifica della realtà, creando le condizioni che mutano profondamente il «posizionamento» dei singoli rispetto a chi esprime quel sentire, alla luce degli echi che produce in chi è testimone di azioni rabbiose.
La rabbia è inoltre uno dei sentimenti più interrogati nell’ultima decade. Attraverso di essa vengono letti comportamenti collettivi, scelte elettorali impreviste per gli apprendisti stregoni dell’opinione pubblica. Il populismo diviene così la risposta politica alla rabbia espressa da una popolazione che vede crescere l’impoverimento e la dissoluzione di consuetudini introdotte dai diritti di cittadinanza. Ma la rabbia è anche il sentimento che si cela dietro l’azione dei movimenti sociali, che contrastano un capitalismo tanto rapace quanto indifferente alla vita in comune.
POTENTI PASSIONI
Dunque la rabbia è una passione «potente», che non può essere rubricata come manifestazione ambivalente di pensieri e stati d’animo che sfuggono al principio di razionalità. Ha cioè la capacità di modificare ogni concezione del Politico, da sempre presentato come la messa in sicurezza di atteggiamenti che attengono a un presunto e selvaggio stato di natura. Il Leviatano di Thomas Hobbes è la figura terrificante di questa neutralizzazione delle passioni. Ma c’è anche un’altra possibilità: nessuna neutralizzazione, ma trasformazione delle passioni in motore politico. Un po’ come per la polarità tra rivolta e rivoluzione. Non c’è rivoluzione senza rivolta. Evitando la ripetizioen dell’uguale di una rivolta che si chiude su se stessa.
La seconda chiave di lettura attiene lo statuto della graphic novel nel riuscire o meno a rappresentare aspetti della realtà sociale così contraddittori come sono quelli dove la rabbia gioca un ruolo determinante.
VOGLIA DIIPERREALISMO
Le graphic novel differiscono dai fumetti sia per quanto riguarda il medium che per il tipo di storie che raccontano. Se nei fumetti la fiction svolge un ruolo essenziale, nelle graphic novel c’è una rimessa in forma della realtà. L’iperrealismo, le radici nelle forme di vita metropolitane svolgono un ruolo essenziale. Sotto molti aspetti è una forma comunicativa che ha numerosi punti di contatto con il giornalismo d’inchiesta, anche se sono i disegni a «parlare» più che le parole. Ed è in questo contesto che il «tratto» è sporco, privilegiando la trasfigurazione del corpo umano.
Il primo episodio de La Rabbia è quindi da considerare una sorta di manifesto programmatico del gruppo di autori. Nata da un soggetto di Alberta Ernesta e con i disegni di Ratigher, presenta della tavole di apertura proprio sulla differenza tra manifesto politico, fumetti e graphic novel, assegnando a queste ultime il compito, al tempo stesso, pedagogico e di svelamento della realtà. Pedagogico perché invita a non percorrere strada già battute e diventate spesso vicoli ciechi (l’uso della violenza per riparare un torto subito). Di svelamento perché con le graphic novel si può fare esperienza, conoscendoli, di aspetti della realtà e modi di essere frettolosamente rimossi.
Siamo in presenza di un aggressivo e spregiudicato imprenditore che ama telefonare ai numeri che talvolta adornano metropolitane, mura di bagni pubblici dove fioriscono promesse prestazioni sessuali dal forte sapore trasgressivo.
La storia – dal titolo Hordak 128 – è una immersione in una narrazione dove una famiglia progressista -vegetariana, pacifisti – entra in rapporto con un uomo ostile a qualsiasi sistema di valori che non sia quello del massimo godimento e arricchimento personale.
COSCIENZE ALTERATE
La violenza della relazione che si stabilisce vede vincente l’imprenditore rampante. La rabbia, in questo caso, è quella della figlia della coppia di artisti che, impotente, assiste alla manifestazione di aggressività e disprezzo del «rampante». E come esplosione di rabbia, tutto quel che si è appreso viene messo tra parentesi, facendo intravedere sullo sfondo un esisto diverso delle dinamiche in atto. Ma è una rabbia che la giovane non esprime, sublimata dalle tavole dove i volti, i corpi sono così deformati da restituire un’alterazione dello stato di coscienza.
La trasfigurazione dei volti e dei corpi emerge in tutte le storie del volume, dove il contesto è sempre e solo metropolitano- anche quando si descrive la rabbia per le violenze verbali e fisiche subite a Genova nel 2001 da parte dei manifestanti (’I krashI di Crusch/Kresch/Vb). Il tema affrontato è la sospensione dello stato di diritto in nome di una qualche emergenza e la conseguente legittimazione di forme di violenza di solito qualificate come tortura. La deformazione dei corpi e dei volti è usata allora per segnalare visivamente la cancellazione dell’umano quando si usa la tortura.
I corpi sono ridotti ad ammasso informe di carne e di visi stravolti, bestiali nel dolore.Sia ben chiaro: se questo è comprensibile per la tortura, lo stesso avviene quando si parla della violenza della precarietà e dell’uso arbitrario della vita di uomini e donne da parte di imprese che lusingano, ma non danno tregua nell’imporre i ritmi del lavoro salariato a giovani «creativi» che sognano invece di fare immersioni e riprendersi quel poco di tempo che il lavoro lascia libero (Almeno in una ora in più, con disegni di Laura Nomisake e dialoghi di Annalisi Trapani, e Torrespaccata, storia di Giusy Noce e disegni di Vincenzo Filosa).
UN PERFIDO GENIUS LOCI
Non poteva mancare, in una raccolta sulla rabbia, il disegnatore Zerocalcare. La sua graphic novel proietta il lettore nelle nuove periferie di una città senza genius loci come può essere Roma. Qui la rabbia è data dal fatto di vivere oltre il confine della democrazia e dell’inclusione sociale.
Un gruppo di ragazzi non può che funzionare come una banda che cerca di sopravvivere senza perdere però la sua umanità. La rabbia è l’antidoto alla morte sociale. Va solo usata con intelligenza. Perché la rabbia è «roba» politica che non può essere dispersa come sabbia nel vento.