Il neofascismo milanese e lombardo fin dall’immediato dopoguerra ha assunto caratteristiche di durezza e intransigenza. Quale erede diretto dell’ultima tragica stagione del fascismo, rappresentata dalla Repubblica sociale, ha visto subito riversarsi tra sue fila molti degli scherani provenienti dai suoi tanti corpi militari e dalle sue innumerevoli polizie private. Un sostanziale filo di continuità in una città come Milano, che fu la vera capitale della Rsi, e in una regione dove, sulle sponde del lago di Como, si consumò il suo ultimo drammatico destino.

Da qui il formarsi degli iniziali gruppi dirigenti missini e delle stesse prime organizzazioni terroristiche, a partire dalle Sam (Squadre d’azione Mussolini), che già alla fine del 1945 operarono tra Milano, Monza e Como, ben oltre l’attentato dimostrativo, assaltando le sedi dei partiti di sinistra e causando più di una vittima.

Il retroterra degli anni Settanta

Quest’impronta e questi tratti si sono poi tramandati negli anni. È a Milano, già alla metà degli Cinquanta, che prende corpo quel nucleo di Ordine nuovo che ritroveremo poi come organizzazione stragista alla fine degli anni Sessanta, responsabile dell’eccidio di piazza Fontana. Ed è sempre a Milano che si tengono, tra il 1958 e il 1967, ben tre riunioni di quella Internazionale nera che prese il nome di Noe, acronimo di Nuovo ordine europeo, ferocemente razzista e antisemita. Il fatto stesso che la Lombardia abbia rappresentato il teatro principale della strategia della tensione non è stato certo un caso.

Ben tre sono state le stragi in questa regione (in piazza Fontana a Milano, il 12 dicembre 1969, e davanti alla questura, il 17 maggio 1973, a Brescia, in piazza della Loggia. il 28 maggio 1974), diverse altre quelle tentate (a Varese dove la si cercò in piazza Maspero, ancor prima di Brescia, il 28 marzo 1974). Il tutto nel contesto di un’impressionante escalation di violenze squadriste. In un dossier pubblicato nel 1975 dalla giunta regionale (Rapporto sulla violenza fascista in Lombardia), tra il gennaio 1969 e il maggio 1974, si conteggiarono: 180 aggressioni, 46 devastazioni, 36 lanci di bombe a mano o ordigni similari, 63 lanci di bombe molotov, 14 esplosioni di bombe carta, dieci attentati con dinamite o tritolo, 25 casi di ritrovamenti di armi o esplosivi, 35 aggressioni a colpi di pistola, dieci accoltellamenti e 30 incendi. In neanche cinque anni e mezzo.

È in questo triangolo (tra Milano-Brescia-Varese) che l’estrema destra mise i suoi picchiatori al servizio dei settori più reazionari della borghesia per rompere i picchetti operai e attaccare gli studenti. Varese, spesso passata in secondo piano, è stata invece una città che, corroborata da uno «zoccolo duro» di imprenditori e professionisti disponibili a forzature eversive, foraggiò e spalleggiò neofascisti di ogni risma. Qui l’Msi toccò la soglia del 10%, ben oltre la media nazionale, Qui si svilupparono formazioni terroristiche, dalla Costituente nazionale rivoluzionaria ad Avanguardia nazionale alle Squadre d’azione Ettore Muti, fino a Ordine nero, che si resero protagoniste di sistematiche azioni squadriste e dinamitarde.

Ed è nuovamente tra Milano, Brescia e Varese, che bisogna tornare a guardare in questi anni. In una regione dove accanto alle formazioni presenti sul territorio nazionale ne sono cresciute altre a livello locale.

Forza Nuova

Forza nuova, la più vecchia tra le organizzazioni post-missine, nata nel 1997 e riconosciuta come «nazifascista» da una sentenza del 2010 della Cassazione, si è sviluppata in Lombardia attraverso piccoli nuclei, con sedi a Milano, Monza, Brescia, Bergamo, Pavia e Como. Ultimamente l’attività ha teso a privilegiare i temi classici dell’ultradestra cattolica, dalla cancellazione della legge sull’aborto alle campagne omofobiche, stringendo alleanze con alcune associazioni integraliste, tra le altre Le sentinelle in piedi, collaterali ad Alleanza cattolica, la più antica tra queste realtà, da sempre ricettacolo di estremisti di destra.

Un secondo terreno è quello del contrasto all’immigrazione e alla «società multirazziale». Qui il tentativo è di scavalcare a destra la stessa Lega con iniziative e slogan ancor più radicali in nome di un nazionalismo becero ed esasperato.

Funzionale a questo scopo è stato anche il varo di un’associazione (Solidarietà nazionale) impegnata a raccogliere alimenti e generi di conforto per gli italiani in difficoltà sul modello di Alba dorata in Grecia. In alcune città Forza nuova è confluita, facendo blocco, in organismi «unitari», è il caso di Brescia ai bresciani, che ha provato anche ad attaccare fisicamente il 28 marzo scorso un corteo di immigrati scontrandosi con la polizia.

Dato il numero esiguo di militanti, non più di 150 complessivamente, il metodo è di farli confluire nelle iniziative principali per disporre di un minimo di massa critica.

Casa Pound

Dopo vari tentativi andati a vuoto di insediamento nelle principali città lombarde, sfruttando l’alleanza con la Lega, ora Casa Pound prova a rilanciarsi. È presente al momento con proprie sedi in un quartiere popolare di Milano (Quarto Oggiaro), a Varese e a Cremona, realtà quest’ultima protagonista a gennaio di un’aggressione criminale ai danni del centro sociale Dordoni. A Brescia (San Vigilio), causa contrasti interni, ha aperto ma anche subito chiuso i battenti. Sempre a Milano, nei pressi della stazione centrale, con l’intento di autofinanziarsi, ha aperto un piccolo ristorante specializzato in cucina romana, l’Osteria Angelino.

L’attività principale si incentra al momento sull’attacchinaggio di manifesti e striscioni in alcuni quartieri sui temi della crisi economica e sociale, sulla promozione di presidi in favore dei «due Marò», di piccoli concerti e conferenze a carattere interno per lo più rievocativi del futurismo marinettiano.

Il modello al quale guardare, anche qui, è quello del primo movimento fascista del 1919-20. Il suo momento più alto è stato indubbiamente il 18 ottobre scorso, quando, in occasione della prima manifestazione nazionale della Lega dell’era Salvini, sfilarono a Milano in camicia nera, fianco a fianco con le camicie verdi, fino a piazza Duomo, duemila suoi aderenti affluiti da tutta Italia.

Praticamente nulla la presenza del Blocco studentesco negli istituti superiori della regione. Anche in questo caso il corpo militante non supera le 150 unità.

Lealtà Azione

Accanto alle organizzazioni nazionali sono presenti in Lombardia almeno altre due formazioni locali degne di nota. La prima, Lealtà azione, nata come associazione nell’ambito del circuito Hammerskin, è cresciuta velocemente nel giro di pochi anni fino a diventare la realtà più consistente della regione con circa trecento aderenti. Apertamente neonazista (i suoi aderenti amano tatuarsi stemmi e insegne del Terzo Reich) è stata promotrice di raduni e concerti anche a carattere internazionale.

Il meeting più importante è stato certamente quello del 15 giugno 2013 alla periferia di Milano, presso Rogoredo, con delegazioni naziste da mezza Europa ed esponenti del Ku Klux Klan.
Lealtà azione ha inaugurato sedi a Milano (quartiere Certosa), a Bollate (denominata Skinhouse), a Lodi e a Monza, in pieno centro, con una diponibilità di risorse finanziarie decisamente superiori a tutte le altre organizzazioni d’area, in parte provenienti da attività commerciali e di ristorazione di alcuni dei suoi soci.

Strutturatasi con associazioni collaterali a tema: I lupi danno la zampa (a favore di cani e gatti), I lupi delle vette (per l’escursionismo montano), Branco (contro l’aborto e la pedofilia), dedica gran parte del proprio tempo, anche attraverso l’associazione Memento, al recupero e alla cura nei cimiteri delle tombe dei caduti repubblichini e degli squadristi degli anni Venti. Fuori dalla Lombardia Lealtà azione si è nel frattempo gemellata con altre esperienze, ad Alessandria con Arcadia e a Firenze con La Fenice.

I Dodici Raggi

La Comunità militante dei «dodici raggi» opera invece da qualche anno in provincia di Varese alternando la propria denominazione con Varese skinheads. La base è situata a Caidate (frazione di Sumirago) dove dispone di ampi locali attrezzati grazie ai quali ha promosso raduni e intessuto relazioni con il variegato arcipelago nazi-skin, facendo da perno per altre realtà, da Pavia a Bergamo a Torino.

Do.Ra, questo il suo acronimo, è da tempo penetrata nella curva dello stadio di Varese (mischiandosi con Blood&Honour) e nella tifoseria della squadra di pallacanestro attraverso gli Arditi.

Un centinaio i militanti e due le ossessioni: celebrare ogni 20 aprile il compleanno di Adolf Hitler, il più delle volte con concerti propagandati con immagini rievocative (due anni fa l’evento si tenne a Malnate con 400 teste rasate giunte da tutta Europa), e oltraggiare il sacrario partigiano di Monte San Martino sulle Prealpi dell’alto varesotto (teatro di una battaglia tra il 13 e il 15 novembre 1943), omaggiando, insieme al Manipolo d’avanguardia di Bergamo (i loro gemelli orobici), i caduti repubblichini con l’infissione nel terreno di decine di Toten rune, il simbolo con il quale si onoravano le spoglie delle SS.