Segnali contrastanti dal mondo del lavoro: se i sindacati hanno firmato dopo ben 42 mesi di vacanza il contratto del turismo (200 mila addetti), dall’altro lato al contrario i tessili (420 mila le persone interessate) sono costretti a mobilitarsi e a indire uno sciopero nazionale per poter ottenere il rinnovo a cui hanno diritto.

Il contratto del turismo è stato firmato da Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs, Federturismo e Aica Confindustria Alberghi. Valido fino al 31 gennaio 2018, stabilisce un aumento medio di 88 euro a regime suddiviso in tre tranches. Aggiornate anche le tabelle del lavoro extra e di surroga. Si mantengono le previsioni normative del precedente Ccnl su organizzazione del lavoro, permessi, trattamento economico della malattia e scatti di anzianità.

Per il livello territoriale aziendale si è aggiornato l’elemento di garanzia fino a 186 euro e si sono potenziati la bilateralità e l’assistenza sanitaria integrativa. L’intesa fissa infine il tetto massimo del 20% sul ricorso ai contratti a termine e del 18% per la somministrazione a tempo determinato.

Il tessile/abbigliamento al contrario torna allo sciopero dopo oltre 20 anni. Il contratto è scaduto 6 mesi fa e la trattativa si è bruscamente interrotta il 20 ottobre. Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil denunciano «l’indisponibilità delle controparti a rivedere il modello di individuazione ed erogazione degli incrementi salariali e per le richieste normative tutte incentrate a comprimere diritti e il ruolo negoziale dei sindacati territoriali e delle Rsu». «Un concetto di esigibilità – proseguono – volto ad accentrare nel contratto nazionale ogni norma in materia di organizzazione del lavoro attraverso una revisione che nega la contrattazione aziendale e il decentramento al secondo livello di orari e classificazione come attualmente previsto».

Infine, i tessili protestano «contro la richiesta di ridurre le ferie degli impiegati, quella di intervenire sui 3 giorni di carenza per malattia, il pieno recepimento del Jobs Act, l’intervento sulla legge 104, il disimpegno sul nuovo sistema classificatorio» dopo anni intese.