Le profonde e accresciute diseguaglianze del servizio sanitario si intrecciano con i cambiamenti dello stesso paradigma ippocratico. Oggi la medicina ippocratica è in crisi e ci pone un dilemma: da una parte, a partire da me, si ritiene che i postulati che l’hanno definita come è ora sono tutti cambiati per cui si avrebbe bisogno di fare una riforma. Orientamento “neo-ippocratico”. Altri, “post-ippocratici”, invece che soprattutto a causa dei problemi economici alcuni suoi postulati siano ormai insostenibili per cui andrebbero contro riformati.

Il discrimine passa per i due principi cardine della medicina ippocratica:1) curare il malato secondo le sue necessità 2) libertà di cura per il medico. Nessun malato si può curare secondo necessità se il medico non è libero di curare. Per l’orientamento neo ippocratico le diseconomie sono innegabili ma per risolverle non c’è bisogno di sacrificare questi due principi a condizione di usarli meglio quindi investendo su un medico più bravo a scegliere nella complessità . Per l’orientamento post ippocratico al contrario si tratta quanto meno di ridimensionarli, perché ci si deve rassegnare a curare secondo i mezzi disponibili. Nel primo il medico deve reimparare a fare il medico nel secondo resta quello che è ma deve regolare le sue condotte sulla base di limiti predefiniti sotto forma di linee guida, precetti, vincoli. Cioè accettare di farsi amministrare.

Le varie teorie di medicina amministrata sono tutte ad orientamento post ippocratico perché tendono a condizionare in qualche modo sia la libertà clinica del medico che la cura secondo necessità. Ad esse non interessa riformare la medicina per avere un medico più bravo ma solo di regolarne i comportamenti per correggerne i costi.

Nasce così un nuovo conflitto: i neo ippocratici che per difendere i sacri principi vogliono riformare la medicina che c’è e i post ippocratici che privi di un pensiero riformatore rispetto alla medicina che c’è al contrario vogliono contro riformarla per amministrarla meglio .

Il post ippocratismo sotto forma di behaviorismo è pericoloso non solo perché distrugge dei valori ma anche perché non risolve niente: 1) non risolve la crisi paradigmatica della medicina anzi finisce per esasperarla nel senso di offrire a una società sempre più esigente una medicina meno costosa ma clinicamente discriminante; 2) usa la scienza in modo semplicistico nel senso di vincolarla a delle evidenze statistiche che nella realtà sono regolarmente falsificate dal caso clinico, dalla singolarità dei malati.

In questo contesto si inserisce l’azione di slow medicine una associazione culturale fatta da brava gente, con una estrazione di sinistra, tutti positivisti doc, che credono nella sanità pubblica, con una forte vocazione moralizzatrice. Essa sa poco o nulla di paradigmi e quindi scarta la possibilità di riformare la medicina ippocratica tentando la strada di una medicina amministrata moderata. Dogmatica nelle sue visioni scientifiche (evidenza e verifica) organizza la sua idea di scienza dentro una curiosa contrapposizione slow/fast che ricorda molto quella di Celentano rock/lento. Se prima in nome della qualità sfornava raccomandazioni e linee guida, oggi dopo essersi affiliata a slow food, in nome della “moderazione” alias “sostenibilità”, si propone cavalcando l’onda di choosing wilesy come una specie rieducatori di medici male educati.
Choosing wilesy a slow medicine è apparsa come la quadratura del cerchio cioè la possibilità di amministrare finalmente le scelte del medico con il consenso del malato dentro una relazione.

Non è una impresa impossibile ma a condizione: 1)di rinunciare alla pretesa di amministrare le condotte professionali 2) investire su una nuova idea di medico 3) valorizzare la sua libertà di scelta mettendogli a disposizione non con le prediche ma con l’information technology le migliori conoscenze disponibili 4) verificando con i risultati le sue prassi .

Ma soprattutto definendo una riforma paradigmatica della medicina ippocratica perché per mettere insieme evidenze scientifiche relazioni e complessità non basta l’attak cioè l’adesivo universale.

Siccome questi 5 punti non appartengono a slow medicine mi permetto lealmente di diffidare della sua credibilità. Choosing wilesy non è una riforma del paradigma e slow medicine per fare quello che predica dovrebbe essere la prima ad autoriformarsi a partire dalla sua davvero discutibile idea di scienza amministrata.

La sua preoccupazione non è riformare la medicina (chiacchiere da filosofi ignoranti) ma convincere medici e malati a rispettare per ragioni di sostenibilità le sue evidenze scientifiche preferite

Nella relazione di cui parla slow medicine , il medico dovrebbe ragionare non solo con le logiche dogmatiche delle evidenze ma anche con quelle polivalenti del malato complesso del contesto e della contingenza. Cioè dovrebbe avere un altro concetto di scienza. Purtroppo sono logiche del tutto estranee alla razionalità dura e pura di slow medicine. E poi se slow medicine le avesse scatterebbe immediatamente il paradosso: le evidenze per tagliare davvero i consumi di medicina dovrebbero essere imperative ma se fossero tali danneggerebbero il malato ..per non danneggiarlo dovrebbero essere relative al malato ma se fossero relative non sarebbero più evidenze ma opinioni. E allora?

C’è infine una ultima questione: ho paura che a causa della medicina amministrata il fenomeno del contenzioso legale tra medici e malati cresca ma cambiando forma. I medici oltre ad andare in tribunale per quello che fanno andranno in tribunale anche per quello che non fanno magari perché hanno seguito i precetti prescritti da Choosing Wilesy e le raccomandazioni di Slow Medicine. Sarà l’omissione della cura necessaria cioè il reato di controfattualità clinica il problema del futuro.