Ci si è messo pure il vento, a creare problemi agli impianti dei Giochi, provocando danni, non tutti di facile risoluzione. Le strutture mobili sono quelle che hanno avuto la peggio. Problemi anche nei luoghi di ristoro per gli atleti, dove il cibo non è risultato sufficiente per tutti. Del vento si sapeva, che si sia sbagliato qualche conto è altresì prevedibile in un contesto del genere.

Rio e i suoi abitanti seguono con distacco gli eventi sportivi, a meno che non ci siano in ballo atleti brasiliani in odore di medaglie. E destino vuole che i brasiliani abbiano raccolto la prima vera soddisfazione grazie a Rafaela Silva, la migliore judoka del Brasile. Cresciuta nella favela Città di Dio (CDD), è diventata protagonista dello sport brasiliano non senza difficoltà. Chi l’ha preceduta, da Sarah Menezes ad Aurelio Miguel, Enrico Guimaraes e altri, ha sì vinto titoli internazionali e anche mondiali, ma non l’oro olimpico. E dire che nel 2012, a Londra, fu accusata di aver rischiato un colpo fuori regolamento e le piovvero addosso attacchi e insulti di stampo razzista da ogni parte. Tornata a casa voleva lasciare lo sport. Molto vivace fin da piccolissima, i genitori per cercare di stemperare questo carattere impetuoso la mandano in una piccola “palestra”, anche se tutto può sembrare fuor che questo. E qui comincia a praticare lo sport che ora insegna ai più piccoli, tra i quali il judo è sempre più popolare nei quartieri di Rio. Fortuna vuole che l’allenatore di Flavio Angolo, medaglia di bronzo ai Giochi di Atene del 2004, Geraldo Bernardes, la noti e la prenda sotto la sua ala protettrice, ne smussi stile e carattere fino a farla diventare quello che è ora: una leggenda dello sport brasiliano.

In questo Paese le valutazioni non sono mai equilibrate, soprattutto quelle dei media. Si caricano di una tale pressione gli atleti che diventa difficile pensare che poi vadano in piscina, in pedana, in pista o in campo a cuor leggero. E comunque sono le donne che stanno gestendo meglio questo tipo di pressione. Vedi anche l’affermazione del duo Agata Bednarczuk e Barbara Seixas, che nel torneo di volei de praia, il beach volley, hanno vinto contro il duo argentino Ana Gallay e Georgina Klug per 2 set a 0. Vinto anche il secondo match, della fase a gironi, 21-11 e 21-17. Grande spettacolo e gran tifo sugli spalti dell’Arena, anche perché quando si affrontano Brasile e Argentina la rivalità va alle stelle. Ma vale solo per lo sport, per il resto gli argentini che arrivano qui in massa vanno d’amore e d’accordo con i carioca.

Ma è inutile girarci intorno, qui la pressione è soprattutto sul team di Neymar e co. I presunti futuri cracque che in Europa i più grandi club si stanno contendendo a cifre fuori da ogni logica, non riescono a vincere né a segnare: lo 0-0 del match inaugurale con il Sudafrica si è ripetuto con l’Iraq. A fine gara nessuna dichiarazione, giocatori dritti negli spogliatoi senza neanche salutare il pubblico, con la torcida che a quel punto per la squadra irachena. E lo stadio ha iniziato a gridare: «Marta, Marta, Marta!».

Marta Vieira da Silva è la più forte giocatrice del mondo. Brasiliana, eletta tre volte la migliore del pianeta, più di cento goal in nazionale. Ne ha segnati più di Pelé nella seleção. Gioca in Svezia, nel Rosengard, ha vinto tutto quello che si può vincere. E non si vuole fermare, lei come tutta la seleção feminina. Due partite, due vittorie. Tanti gol e spettacolo, dopo i tre alla Cina i cinque alla Svezia, di cui alcuni di pregevole fattura. È la massima realizzatrice nel torneo olimpico.

Dovesse uscire la seleção di Neymar e Gabi-gol (dipende da come andrà il match conclusivo del girone con la Danimarca, domani notte alle 3 italiane), verrebbe a mancare alla gente quello che vedono come un diritto, tornare sul tetto del mondo del calcio, fossanche con un oro olimpico, dopo l’onta subita al Mondiale di casa di due anni fa. La gente non ha ancora perdonato quel 7 a 1. E la pressione sale.

Ma l’entusiasmo per le atlete fa parte delle contraddizioni di questo Paese, si dirà. Nonostante una presidente donna, le donne che occupano appena il 10% delle cariche parlamentari continuano a subire machismo e sessismo come fosse un aspetto “culturale” del Paese. Sono potenzialmente le sorelle di quelle ragazze, che dalle zone povere della città vanno verso i luoghi dove sperano di incontrare qualche gringo che le possa farle guadagnare qualche soldo. Sono nere, proprio come Marta Viera da Silva o Rafaela Silva.