Jean-Claude Juncker aveva puntato sul discorso sullo stato dell’Unione, che terrà mercoledì 14 settembre di fronte all’Europarlamento in seduta plenaria, per rilanciare l’Unione europea, ammaccata dal voto a favore del Brexit e sempre più lontana dal cuore dei suoi cittadini. Le spaccature Est-Ovest e Nord-Sud, sui rifugiati e sull’austerità, la crisi in cui è sprofondata l’idea stessa di unione europea, avrebbero dovuto essere al centro del tentativo di rilancio del presidente della Commissione. Ma un fatto emblematico di questa crisi, che è prima di tutto morale, ha fatto irruzione e sta inquinando il programma di rilancio di Juncker: il vergognoso caso di José Manuel Barroso, il suo predecessore (per ben 10 anni), che a luglio ha confermato di aver firmato un contratto di consulenza con Goldman Sachs, di cui diventerà presidente non esecutivo. Barroso dovrà accompagnare la banca, che ha contribuito a falsare i conti della Grecia per permettere al paese di entrare nell’euro, a districarsi nelle difficoltà create dal Brexit.

L’ex presidente Barroso diventa cosi’ “lobbysta” a Bruxelles, una categoria molto numerosa di personaggi che si aggirano nei corridoi dei palazzi delle istituzioni, per ottenere vantaggi per i rispettivi datori di lavoro (ora hanno l’obbligo di iscriversi su una lista speciale). A luglio, la Commissione aveva reagito mollemente, ricordando che Barroso rispettava le regole, cioè lasciar passare almeno 18 mesi dopo la fine della carica, per abbracciare la sua nuova carriera da Goldman Sachs. Ma la mediatrice dei diritti degli europei, Emily O’Reilly, ha inviato, il 6 settembre, una lettera di fuoco a Juncker: ha chiesto alla Commissione di “chiarire la posizione” imperativamente entro il 14 ottobre sulla “nomina dell’ex presidente Barroso”, sottolineando che questo incarico “ha sollevato preoccupazione in un momento molto difficile per l’Unione europea, in particolare per quello che riguarda la fiducia che i cittadini hanno verso le istituzioni”.

Una petizione per rendere più severe le regole etiche ha già raccolto migliaia di firme. Juncker, con le spalle al muro (e un curriculum personale imbarazzante, è stato primo ministro e responsabile delle finanze del Lussemburgo, paradiso fiscale per le multinazionali grazie alle intese di ruling di taglio delle tasse) ha risposto il 9 settembre, spiegando di aver chiesto a Barroso dei “chiarimenti” sul contratto di lavoro. Juncker ha anche detto che si rivolgerà al comitato etico della Ue per sottoporre il caso e la conformità con l’articolo 245 del Trattato, che impone ai commissari di prendere “l’impegno solenne di rispettare, durante la durata della loro funzione e dopo la sua cessazione, gli obblighi che derivano dalla carica, in particolare i doveri di onestà e di delicatezza rispetto all’accettazione, dopo la cessazione, di alcune funzioni e di determinati vantaggi”. Barroso da Goldman Sachs è il simbolo peggiore della commistione tra istituzioni Ue e mondo della finanza, proprio il fattore all’origine della disaffezione dei cittadini.