Ed ecco puntuale arrivare il nuovo Call of Duty: il franchise top seller bellico di Activision. Mentre lo storico sviluppatore della (giustamente) famosa trilogia di Modern Warfare – Infinity Ward – ha pubblicato l’anno scorso Ghost, Sledgehammer Games, che aveva collaborato con Infinity Ward per il terzo capitolo di Modern Warfare, propone il nuovo blockbuster videoludico Advanced Warfare. Evidente fin dal titolo sia il richiamo alla trilogia di Infinity Ward, sia la volontà di riproporne una versione corretta e – appunto – avanzata.

L’avanzamento è costituito fondamentalmente dalla presenza degli «exo», esoscheletri che potenziano i soldati offrendo la possibilità di saltare più in alto, di ottenere un certo grado di invisibilità, di aderire alle superfici metalliche, ecc. e dalla possibilità di utilizzare micidiali mech. Tutto ciò nel multiplayer sta facendo la gioia dei nuovi fan mentre diversi tra i vecchi storcono il naso per uno stile di gioco giudicato poco realistico.

Decisamente condivisibili pure le considerazioni che un po’ ovunque si possono trovare sulla trama: la storia della megacorporation Atlas dedita alla security nelle zone calde del mondo, guidata dal fondatore e CEO Jonathan Irons (interpretato da un Kevin Spacey eccellentemente digitalizzato) che per rendere il mondo sicuro impone «manu militari» la propria concezione dell’ordine mondiale alle Nazioni Unite, grazie a terroristi internazionali prezzolati e ad armi batteriologiche, è eccessivamente prevedibile. In Modern Warfare c’era una pluralità di personaggi da interpretare che rendeva il contesto del venturo conflitto mondiale fomentato dalle fazioni estremistiche maggiormente credibile e coinvolgente.

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In Advanced Warfare, nei panni del marine Jack Mitchell, amico del figlio di Irons, deceduto nella stessa azione in cui Mitchell perde un braccio, passiamo dall’adorazione per i metodi Atlas, anche per la protesi tecnologica che ci viene fornita, alla resistenza nelle file dei Sentinel, ex-marine in lotta contro il nuovo ordine mondiale imposto da Irons. Insomma imperialisti (i marine impegnati nel «peacekeeping» prima a Seoul e nella destituzione di Irons a Baghdad alla fine) contro nazisti (ovviamente l’Atlas coi suoi supersoldati e con la sua ossessione per il potere).

Fascista per fascista, a questo punto il personaggio più interessante si rivela Ilona, ex Specnaz, abile interrogatrice di prigionieri quasi quanto la Maya Lambert dello Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow, soldato coraggioso e duro quanto i colleghi maschi che la circondano. O noi stessi, il marine Mitchell, quando alla fine torniamo a perdere l’uso dell’arto artificiale e torniamo ad essere umani e costretti a centellinare i proiettili nell’impossibilità di ricaricare l’arma che usiamo. Ma il problema è che nessuno sembra crederci più di tanto, tranne forse Spacey/Irons. E il complotto internazionale che in Modern Warfare ci trascinava per mezzo mondo e in Ghost almeno nel contesto nuovo ed interessante di una stazione spaziale, in Advanced Warfare si limita a scenari decisamente anonimi rispetto ad esempio all’aeroporto russo o alle favelas di Modern Warfare 2.
Meglio allora finire alla svelta la breve campagna, giusto per verificare che la conclusione è proprio quella che ci si aspettava e poi tuffarci a killare tanti altri adepti online del culto del Call of Duty multiplayer!