Abbiamo polizia a sufficienza per garantire la valutazione», dichiarava l’autunno scorso il ministro dell’istruzione del Messico, paese più spiccio del nostro ad imporre le nuove regole globali dell’istruzione. In Italia, negli stessi giorni, vari atenei annunciavano punizioni per i docenti refrattari alla VQR e la polizia caricava studenti e professori in piazza contro la riforma della scuola. La Buona Scuola applica queste regole. I luoghi di formazione dovranno essere «palestre di innovazione, legata allo stimolo delle capacità creative e di problem solving»

Il nuovo paradigma è: «educazione all’imprenditorialità». Lo dicono la comunicazione Ue Rethinking education, diretto riferimento della riforma renziana. Non si tratta di aggiungere qualche competenza ai corsi di studio, ma di cambiare il quadro valoriale. «Occorre un mutamento radicale della cultura europea e un passaggio a una nuova concezione dell’imprenditoria , che celebri pubblicamente il successo». Bisogna assicurarsi «che la competenza chiave «imprenditorialità» sia incorporata nei programmi della formazione primaria, secondaria, professionale, superiore e per adulti»; che si diffonda come «insieme di competenze generali applicabili in tutti gli ambiti della vita»; come «elemento obbligatorio» nella formazione degli insegnanti «in tutti gli ambiti disciplinari».

La valutazione è tutta qui. Non nei difetti dell’Invalsi e dei Comitati di valutazione, ma nel loro significato di dispositivi governamentali. Che è quello di un cultural re-engineering o redesign of culture per modificare l’intero ambiente di riferimento, come il value-based management insegna. Agli studenti (e famiglie) toccherà imparare a scegliere, a valutare l’offerta su cui investire tra progetti in concorrenza e ad assumersene imprenditorialmente i rischi. A loro volta «gli insegnanti non possono insegnare a essere imprenditoriali senza esserlo loro per primi».

È l’epoca del Teacherpreneur, dei presidi manager che selezionano la loro squadra e della conseguente «valutazione integrale» per educare sé e gli altri a un autonomo… (auto)sfruttamento. È il cambiamento avviato negli anni ’80 con la «PISA Shock» Strategy, con l’istituzione dell’Ines (International Indicator and Evaluation of Education Systems) e l’affermazione del benchmarking – la valutazione comparativa – come pilastro delle politiche dell’istruzione e delle relative tecniche di governo e controllo. Tra tre anni o giù di lì qualcuno lamenterà che la «valutazione nazionale» dei docenti ha punito i migliori (quelli rimasti) e elevato i mediocri. Bisognerà ricordargli che un «insegnante con spirito imprenditoriale è un mentore più che una persona che impartisce lezioni».