Una palla di fuoco gigantesca, fiamme alte decine di metri e poi due colonne di fumo denso visibili a decine di chilometri. Non ci sono lavoratori feriti ma viste le proporzioni dell’incendio poteva essere una strage. Gli operai in seguito alla fiammata si sono immediatamente rifugiati nel bunker anti incendio dell’impianto. Solo un dipendente risulta lievemente intossicato ed è stato preso in cura dal soccorso sanitario. E’ accaduto ieri pomeriggio intorno alle 16 all’interno della raffineria Eni di Sannazzaro de’Burgondi, in provincia di Pavia. L’incendio si è sviluppato per cause ancora ignote nell’impianto Est di una delle raffinerie più grandi d’Italia. Non è la prima volta che accade, sottolineano i sindacati, anche se quell’ala andata in fumo è una delle più nuove dell’impianto.

Il sindaco Roberto Zucca pochi minuti dopo le 16 ha attivato il piano di emergenza interno nonostante “non ci siano pericoli per la popolazione”. Detto questo, dopo l’incendio, ha comunque rivolto ai cittadini un appello poco tranquillizzante: “Rimanete chiusi dentro le vostre abitazioni o cercate riparo nel locale chiuso più vicino. Prestate attenzione ai messaggi trasmessi al fine dell’aggiornamento della situazione”. Gli abitanti della zona devono essersi spaventati come non era mai accaduto prima: “Sono 50 anni che abito qua e non ho mai visto una cosa del genere, le fiamme e il fumo facevano veramente paura, ma adesso mi sembra sia tutto tornato nella norma”. L’incendio è stato domato in due ore. Questa mattina le scuole di Sannazzaro e di cinque comuni limitrofi resteranno chiuse per precauzione.

In serata l’Eni ha diffuso una nota che non ha chiarito le cause dell’incendio e nemmeno le possibili ricadute ambientali. “Non si è verificata alcuna esplosione – si legge – e l’incendio è stato significativamente ridotto e posto definitivamente sotto controllo grazie al tempestivo intervento delle squadre di emergenza Eni e dei vigili del fuoco”. La società aggiunge che “sono attivi i sensori per il monitoraggio della qualità dell’aria e i relativi dati saranno quanto prima trasmessi alle autorità competenti”. L’impianto è stato bloccato e isolato dal resto della raffineria.

I sindacati chiedono spiegazioni e oggi incontreranno l’azienda. Scrive la Cgil Pavia: “L’episodio, che non è il primo, sembrerebbe uno dei più gravi negli ultimi anni, per questo motivo esprimiamo la nostra preoccupazione sia per la sicurezza dei lavoratori e lavoratrici che per la salute di tutta la popolazione residente nella zona”. Filctem, Femca e Uioltec chiedono all’Eni che vengano individuate le responsabilità. “Stupisce – si legge in una nota – che sia potuto succedere in un impianto che dovrebbe garantire un alto livello di sicurezza perché frutto di un recente investimento. La preoccupazione è alta. Per fortuna nell’incidente non sono rimasti coinvolti i lavoratori e non si registrano vittime”.

Le verifiche più urgenti a questo punto riguardano la qualità dell’aria e il monitoraggio di eventuali sostanze velenose sprigionate nell’atmosfera. “Per il momento grossi problemi sanitari non ce ne sono, per quelli ambientali dobbiamo aspettare i risultati delle analisi che stiamo facendo”, ha dichiarato ieri sera un tecnico dell’Arpa Lombardia ai microfoni di Radio Popolare.

Le considerazioni del Wwf, invece, sono più preoccupanti. L’associazione chiede misure di emergenza per valutare i danni e tutelare la popolazione. “A destare preoccupazione – scrive – sono l’idrogeno solforato, un vero e proprio veleno, e altre sostanze tossiche usate nel processo e prodotte anche dalla combustione: sicuramente queste sostanze sono disperse nell’ambiente e rischiano di avere conseguenze”. Per il Wwf si rendono necessari monitoraggi per evitare che eventuali sostanze tossiche si riversino nei terreni ed entrino nella catena alimentare. C’è poi un discorso che va oltre questo episodio. “Una lunga serie di incidenti nelle raffinerie – prosegue la nota – dimostra senza alcun dubbio che queste sono sempre strutture ad alto rischio, tanto più quando sorgono in prossimità dei centri abitati, aree di produzione agricole o zone naturali”. In Italia ci sono 1.096 impianti a rischio di incidente rilevante. In Lombardia sono 285.