Il JLP (Jamaica Labour Party) vince le elezioni in Giamaica, dopo un serrato confronto con il PNP (People National Party) di Portia Simpson, l’ex-premier, crollato proprio in dirittura d’arrivo. Gli Orangers si sono visti recuperare un vantaggio di misura che sembrava ormai consolidato.

I Labourities conquistano 33 seggi al Parlamento contro 30 dei nazional-popolari grazie a 436.459 preferenze contro 432.353, circa 4.000 voti di scarto; un’inezia su una popolazione di oltre 3.000.000.

Ha vinto l’astensione di tanti elettori disgustati dalla politica deleteria e settaria di entrambi le fazioni, dall’indipendenza in poi, incapace di portare reali miglioramenti a un quadro economico sconfortante. Hanno votato meno del 47% degli aventi diritto. Come consuetudine, working class latitante, vista la cronica scarsità dei documenti necessari per l’accesso alle urne.
Il PNP paga soprattutto una politica basata sull’austerità, che ha impoverito ulteriormente il quadro economico, causa una disciplina inflessibile basata sui tagli sociali imposti dal FMI, a fronte del bailout di un miliardo e mezzo di dollari Usa concesso all’isola. Sebbene il GDP (Gross Domestic Product, il nostro PIL) abbia avuto l’anno passato una timida ripresa (+1.3%) il debito pubblico grava ancora del 130% sullo stesso GDP, la disoccupazione è quasi al 15%, quella giovanile sfiora il 40%, e il minimum wage (salario medio) aumentato solo il 10% rispetto ai picchi del 30% toccati invece dal cost of living.

Andrew Holness, leader JLP, che ora ha il compito di formare il nuovo governo, ha fatto breccia con le sue promesse rispettivamente nel ceto medio, al quale ha garantito sgravi fiscali, e in molti giovani disoccupati, conquistati con l’impegno di creare 250.000 posti di lavoro.

 

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Sostenitori del PNP (foto Flavio Bacchetta)

 

La campagna elettorale PNP è stata disastrosa: un generico appello al “progresso” e la rivendicazione, rivelatasi alla fine controproducente, di un avanzo primario che però non è stato utilizzato per migliorare almeno l’housing popolare. Qua si continua a tirar su albergoni e residence di lusso, per metà vuoti molti mesi l’anno, senza investire sulla costruzione di alloggi a basso costo per le fasce indigenti, che continuano ad affollare baracche di lamiera dentro ghetti malsani e pericolosi. Gli oltre due miliardi del gettito turistico, non sono rimessi in circolazione nell’economia locale; il grosso prende la via dei paesi natali degli investitori stranieri, soprattutto spagnoli e americani.

I precedenti mandati del JLP, tutt’altro che rassicuranti; durante l’era Golding, dal 2007 al 2011, sono esplose rivolte sanguinose, culminate con il massacro dei civili a Tivoli Gardens, e il crollo dell’assistenza sanitaria pubblica, soppiantata da cliniche in mano ai primi elettori del partito, i medici privati.

Il rumor (voce) di queste ore, che lo scatto decisivo per la vittoria finale, sia stato garantito dalle forze dell’ordine, JCF (polizia) e JDF (esercito) che pare abbiano votato compatti per il JLP. Se vox populi, vox Dei, si prospetterebbero ore durissime per la giovane Indecom, l’agenzia governativa che indaga da 6 anni sui crimini della polizia, rea in Giamaica di esecuzioni sommarie e numerose uccisioni di innocenti.

Il JLP è un alleato storico del Partito repubblicano Usa, fin dai tempi di governo del suo leader più prestigioso, Edward Seaga, prima con Reagan, poi con Bush Senior. Con la contemporanea avanzata di Donald Trump nelle primarie, la vittoria di Maurizio Macrì in Argentina, e la sconfitta del premier chavista Maduro in Venezuela, il quadro politico americano assume sempre di più tinte conservatrici.