No, l’avventura del governo «frentista» di Antonio Costa non è cominciata con i migliori auspici. Oggetto del contendere il caso dell’ennesimo salvataggio bancario, dopo quello del Banco Português de Negocios e del Banco Espirito Santo: ora è la volta del Banif (Banco Internacional do Funchal – Azzorre). Per evitare il fallimento, il governo è stato obbligato a prendere decisioni in tempi rapidissimi.

La legge di ratifica del bilancio – con un aumento del debito pubblico – che permette l’assunzione di ogni onere dell’operazione di riprivatizzazione sulle casse dello stato, è approdata ieri in parlamento per essere approvata in tutta fretta. Fino all’ultimo non era del tutto chiaro se il provvedimento sarebbe passato. La maggioranza si è presentata divisa all’Assembleia da Republica: da un lato i socialisti ad appoggiare e dall’altro il Bloco de Esquerda (Be) e il Partido Comunista Português (Pcp) irremovibili nella loro scelta di opporsi alla ratifica. Spaccato anche il centro-destra, tra il Centro Democrático Social Partido Popular (Cds/Pp), contrari, e il Partido Social Democratico (Psd) di Pedro Passos Coelho che, solo nell’imminenza del voto, ha sciolto la riserva garantendo l’astensione, quindi la viabilizzazione del salvataggio.

La vicenda del Banif ha un canovaccio abbastanza banale: il ministro delle finanze Vitor Gaspar (centro-destra) interviene nel 2012 comprando il 60% delle azioni dell’istituto azzoriano per circa 700 milioni di euro. La questione avrebbe dovuto essere risolta velocemente ma, passati 3 anni, la palla è passata al successore di Gaspar. Poco dopo le elezioni del 4 ottobre scorso si è capito che i capitali detenuti dalla banca non erano sufficienti per rispettare i criteri di stabilità decisi dalla Banca Centrale Europea e che, al contempo, non era più possibile per Lisbona intervenire direttamente con una nuova iniezione di capitale. Unica soluzione, secondo Mario Centeno attuale ministro delle Finanze, quella della vendita al Santander Totta che tuttavia ha preteso la depurazione dagli asset tossici che resteranno di proprietà statale. Il costo totale dovrebbe aggirarsi intorno ai 2, 3 miliardi di euro.

Un problema molto spinoso quello che si è trovato a dovere affrontare Costa perché lasciare fallire il Banif avrebbe determinato un rischio sistemico dalle imprevedibili conseguenze, salvarla invece ha determinato un’ulteriore riduzione delle risorse indispensabili per rilanciare politiche di welfare. In uno scenario tanto complesso è difficile stabilire chi abbia ragione. Resta il fatto che risulta incomprensibile il motivo per cui Partido Socialista (Ps), Be e Pcp non abbiano incluso nei loro negoziati anche un accordo sui salvataggi bancari. Dopotutto non era difficile prevedere quanto sarebbe successo. E comunque, una volta conclamatasi la crisi, perché le tre forze della sinistra non si sono riunite per trovare una soluzione comune?

Va detto che il Be, contrariamente al Pcp, non ha escluso a priori la possibilità di trovare vie d’uscita unitarie, ma ha posto due condizioni imprescindibili: la prima che gli asset attivi del Banif fossero incamerati dalla Caixa Geral de Depositos (di proprietà dello stato) e che venisse poi discussa una riforma dell’intera struttura finanziaria in modo da evitare in futuro ulteriori oneri per i cittadini. Facendo un calcolo molto per difetto, fino ad ora sono stati circa 13 i miliardi risucchiati dal buco nero bancario (20 secondo il Pcp). Cifre astronomiche, tanto più che, per comprendere la dimensione dei numeri, occorre tenere conto come la popolazione portoghese sia un quinto di quella italiana, il Pil un decimo e il salario medio inferiore di circa 600 euro.

Quali saranno le prossime mosse di Antonio Costa è difficile dire, per il momento nulla sembra essere messo in discussione. Si vedrà nei prossimi mesi se ci si è trovati di fronte a un incidente di percorso oppure a un governo dalla maggioranza variabile. Quel che si sa con certezza è che la fattura è destinata a salire perché nessuno ha ben chiaro a quanto ammonti l’entità degli asset tossici di Bpn, Bes e Banif e poi perché è ancora meno chiaro quale sia l’effettivo valore del Novo Banco in via di privatizzazione.