Prefetto Mario Morcone, lei è il direttore del Dipartimento Immigrazione del Viminale. Nessuno meglio di lei può quindi rispondere alle critiche della cancelliera Merkel e del presidente Hollande che rimproverano all’Italia di essere in ritardo nella costruzione degli hotspot. E’ davvero così?
No. Stiamo predisponendo già da tempo strutture finalizzate alla prima accoglienza e quindi all’identificazione, allo screening sanitario e alla manifestazione di volontà per la richiesta di asilo.
Merkel e Hollande però non sembrano preoccupati per l’accoglienza.
Infatti, quello che a loro interessa è l’identificazione. Cosa che le nostre forze di polizia stanno facendo non solo a Lampedusa, ma anche negli altri centri di sbarco. Naturalmente rimane in piedi una questione, da tempo discussa, che è quella dell’utilizzo della forza. E’ evidente che in queste operazioni bisogna avere molta attenzione nel rispetto dei diritti e nelle modalità con cui si procede. Aggiungerei però anche un’altra questione, che a me non sembra affatto minore.

Prego
E’ singolare che si chieda questa accelerazione sugli hotspot quando in realtà non si è riusciti nemmeno a coprire le quote di relocation dei profughi. L’agenda Juncker era un pacchetto unico con cui tutti i Paesi si impegnavano a fare la loro parte, certamente sull’identificazione – che nessuno nega essere fondamentale – ma allo stesso tempo anche relativamente ai temi dell’accoglienza e della redistribuzione delle persone nei Paesi membri. Invece ci sono ancora Paesi che non hanno dato disponibilità alla relocation, l’agenda Juncker non è ancora stata approvata dal parlamento europeo e comunque bisogna arrivare a 40 mila persone da riallocare. Quindi francamente questa fuga in avanti della cancelliera Merkel e del presidente Hollande lascia un attimo perplessi.

Serve a nascondere i problemi che l’immigrazione sta creando anche in Germania e Francia?
Questo non lo so e non sta a me dirlo. Credo invece che soprattutto quanto sta accadendo nei Balcani, sotto pressione per l’ondata di richiedenti asilo che sta arrivando dalla Turchia, pone un problema molto più grande di equilibri nel Mediterraneo sul quale proprio i grandi paesi come Francia, Germania e come la comunità internazionale intesa come Ue e Onu dovrebbero fare la loro parte riportando un clima di convivenza civile in questi teatri che oggi sono in fiamme.

Ma siamo in ritardo o no con gli hotspot?
No assolutamente. Sono già pronti quelli di Catania, Pozzallo e Trapani e chi li ha visti si è reso conto della qualità del sistema che è stato costruito. Per quanto riguarda Taranto e Augusta c’è bisogno ancora di tempo per realizzare le strutture dato che non abbiamo voluto far ricorso, e di questo siamo orgogliosi, all’emergenza facendo tutto con un sistema ordinario di appalti. Chiaramente le infrastrutture da realizzare su Augusta e Taranto tarderanno ancora qualche settimana, apriranno in autunno. In ogni caso io credo che bisogna badare bene a non cadere nel tranello: noi non vogliamo che l’Italia sia un arretramento dell’area Schengen. Vogliamo fare la nostra parte, però una parte di un tutto che è la politica europea sull’immigrazione e sull’accoglienza.

Si discute della possibilità di creare un sistema unificato di asilo.
Io sarei assolutamente d’accordo se ci fosse davvero un asilo comune. L’Europa dell’asilo così come viene invocata. Se però le posizione sono quelle di quei Paesi che nel momento in cui devono prendere 1.000/1.500 persone si tirano indietro e si chiudono, ho qualche dubbio che la strada sia spianata. E comunque una cosa che vorrei sottolineare ancora una vota è il fallimento di Dublino. Bisogna prendere atto che è tempo di cambiarlo.

E’ notizia di oggi (ieri, ndr) che la Germania l’ha sospeso per i siriani. E’ la prima crepa?
Spero di sì. Dublino è stato costruito e concordato in un tempo diverso, con uno scenario diverso. Oggi c’è un Mediterraneo in fiamme di cui non possiamo non tener conto e rispetto al quale la comunità internazionale deve saper fare scelte più qualificate.

La Germania si aspetta 800 mila richieste di asilo entro la fine dell’anno. Che previsioni si possono fare per l’Italia?
Siamo preoccupati, anche se gli ultimi dati si mantengono sul trend dello scorso anno. Fino a stamattina (ieri mattina, ndr) gli sbarcati nel nostro Paese sono 111 mila, contro i 110 mila del 2014. Però il quadro complessivo è talmente complicato che ogni giorno porta una novità e una preoccupazione nuova.