Non sarà un «caso Mattei» franco-russo, ma i presupposti per vedere poco chiaro nel disastro aereo che, all’aeroporto «Vnukovo 3» di Mosca, è costato la vita all’Amministratore delegato e presidente della Total francese, Christophe De Margerie e tre membri dell’equipaggio, pare ci siano tutti.

Già nel primo pomeriggio di ieri (l’incidente si era verificato intorno alla mezzanotte di lunedì) le autorità investigative russe respingevano la tesi delle autorità aeroportuali di una tragica serie di fatalità e parlavano di «connivenza criminale dei funzionari, non in grado di coordinare l’azione dei vari settori dell’aeroporto».

Il Falcon privato di De Margerie, in fase di decollo, ha urtato una macchina spalaneve in quel momento inspiegabilmente sulla pista; il tentativo di toccare di nuovo terra si è risolto nel ribaltamento e nell’incendio del velivolo. Pare che lunedì sera molto traffico aereo fosse stato dirottato su Vnukovo, date le avverse condizioni meteo sugli altri aeroporti internazionali di Mosca e non è esclusa una disordinata attività della sua centrale di traffico aereo. In ogni caso, la domanda è: perché la centrale avrebbe autorizzato l’entrata contemporanea sulla pista sia del Falcon che dello spalaneve. Anche la magistratura francese ha avviato un’inchiesta per omicidio colposo; Vladimir Putin ha espresso le condoglianze russe a Francois Hollande e alla famiglia di De Margerie.

A varie riprese l’Ad di Total, che lunedì aveva partecipato a Mosca all’incontro del Consiglio consultivo per gli investimenti stranieri, si era espresso contro le sanzioni occidentali alla Russia: «Non crediamo che la Russia possa rimanere isolata dai processi economici e politici globali. Se a me non piacciono le sanzioni, è perché ritengo che non siano né oneste né produttive».
E durante la presentazione all’Assemblea nazionale francese del rapporto «Russia 2014», De Margerie aveva parlato «dell’assurdità della politica delle sanzioni e dell’amicizia che, nonostante l’attuale situazione politica, lega francesi e russi».

Sul sito delle Izvestija con la cronaca dell’incidente, i commenti di alcuni lettori vanno dal cinico al poliziesco. Eccone due. «Non credo alla casualità dell’accaduto. È morto un importante businessman con una posizione abbastanza indipendente. È tempo di iniziare a pulire le stalle di Augia degli uffici del Cremlino, dove si è saldamente insediata la quinta colonna anti-russa». E ancora: «Nel Donbass ogni giorno i nazisti uccidono in massa i russi. La politica permissiva di Putin e Medvedev ci ha fatto abituare a questo. Anche quanto accaduto con un amico della Russia potrebbe essere avvenuto così».