Almeno venti firme raccolte irregolarmente per le regionali 2014. Poche, pochissime, ma tanto basta per mandare in subbuglio il M5S bolognese, con il consigliere comunale Marco Piazza che, dopo aver scoperto di essere sotto indagine dai giornali, ha annunciato di essere pronto ad autosospendersi «qualora la procura confermasse le notizie».

Un’indagine, quella sulle presunte firme irregolari, che da due anni procedeva sotto traccia e che ha portato gli investigatori a sentire centinaia di persone. Al momento gli iscritti nel registro degli indagati sono 4. Oltre a Piazza, braccio destro del capogruppo Massimo Bugani, a sua volta vicinissimo a Davide Casaleggio, altri tre attivisti. Tra loro il segretario di Piazza, Stefano Negroni, figura importantissima per la macchina organizzativa dei 5S sotto le Due Torri. Piazza, vicepresidente del consiglio comunale, si è detto pronto ad autosospendersi quando avrà la conferma dell’indagine a suo carico, ma sottolineando le differenze rispetto a ciò che potrebbe essere successo a Palermo: «Firme false a Bologna non ce ne sono».  Per il momento cantano vittoria i due ex attivisti che nel 2014 presentarono l’esposto che ha dato il via all’indagine. Stefano Adani e Paolo Pasquino segnalarono prima (inascoltati) ai vertici M5S, poi ai magistrati quelle che per loro erano irregolarità nella raccolta firme a Bologna e provincia e mostrarono uno screenshot da Fb in cui un elettore raccontava di avere firmato in un banchetto a Roma. L’indagine fa riemergere i vecchi problemi del M5S emiliano, balcanizzato come non mai e palestra nazionale della teoria e della pratica delle espulsioni. E sui social network un espulso di lusso, l’ex consigliere regionale Andrea Defranceschi, commenta: «C’è una magnifica vista qui sulla riva del fiume».

L’inchiesta non riguarda Bugani, ma la vicenda lo chiama in causa dal punto di vista politico. Riferendosi alle firme eventualmente raccolte a Roma ha parlato di «coglionata», sottolineando che comunque «si tratta di firme vere, di persone che volevano firmare». Bugani sostiene la tesi dell’attacco politico: «Il vero obiettivo ero io», ha detto, ipotizzando «scherzetti fatti da chi era un po’ pieno di livore per l’esclusione dalle elezioni», e cioè Defranceschi. Tra i due sono volate più volte accuse pesantissime e querele.