«A quell’epoca l’antropologia era in transizione: stava passando dallo studio dei morti a quello dei vivi, abbandonando pian piano la rigida convinzione che il culmine naturale e inevitabile di ogni società sia il modello occidentale»: così riflette Andrew Bankson, voce narrante di Euforia, quarto romanzo di Lily King (traduzione di Mariagrazia Gini, Adelphi, pp. 242, euro 19,00) il primo a raggiungere, meritatamente, il successo di critica e di pubblico che le opere precedenti avevano solo sfiorato.
Sospeso anch’egli tra il mondo dei morti e quello dei vivi, debilitato dalla malaria e reduce da un tentativo di suicidio causato dalle delusioni accumulate dopo anni di lavoro etnografico in Nuova Guinea, Bankson ha preso appunti che si direbbero privi di direzione e comunque incapaci di svelare il codice nascosto della cultura tribale dei Kiona.

Altrettanto malridotta è la coppia di colleghi in cui l’antropologo si imbatte per caso, mentre sta per abbandonare la Nuova Guinea e cercare in Australia culture meno violente e inospitali: da una parte la antropologa di fama mondiale Nell Stone, dall’altra suo marito Fen, studioso di secondo piano deciso a costruirsi una reputazione all’altezza di quella della consorte.

L’incontro, determinante per l’antropologia novecentesca, risulterà fatale per i protagonisti del romanzo: Bankson persuade la coppia a seguirlo lungo il fiume Sepik, per raggiungere una tribù a poche ora di piroga dai Kiona. Ha così inizio un ménage à trois in cui la seduzione intellettuale si mescola all’erotismo, coinvolgendo a turno tutti i protagonisti.

Ritagliata sulla fisionomia di Margaret Mead, una delle antropologhe più note del Novecento, la figura di Nell Stone ne condivide sia il curriculum scientifico, sia l’anticonformismo sessuale; mentre Bankson ripropone le esperienze e le intuizioni di Gregory Bateson, e Reo Fortune è l’uomo da cui Mead avrebbe divorziato proprio per sposare Bateson dopo quei cinque mesi del 1933 in cui i tre si frequentarono e si innamorarono in un intreccio intervallato da episodi scabrosi.

Basandosi sulle autobiografie dei tre protagonisti, Lily King ricostruisce un lasso di tempo che, per quanto breve, si sarebbe rivelato decisivo per ciascuno di loro, sia dal punto di vista personale che da quello scientifico; e tuttavia il romanzo non si appiattisce sulla ricostruzione di queste vite.

I nomi dei personaggi e le opere vengono cambiati, e l’autrice non soltanto inventa un modo convincente di pensare le relazioni affettive ma costruisce per il trio una geometria amorosa il cui finale si discosta da quello attestato dalle biografie reali dei personaggi di partenza.

Gelosia, possessività, competizione sono quanto occupa la mente di Nell Stone, decisa a ripudiare la monogamia e tuttavia costretta a assistere al naufragio delle sue relazioni. La gelosia di Fen nei confronti di Bankson fa riaffiorare il ricordo della dolorosa separazione da Helen Benjamin, cui Nell era stata legata sentimentalmente quando era assistente di Franz Boas alla Columbia University: «Sogni pesanti su Helen a Marsiglia – riflette. Ormai sono passati più di tre anni ma sono ancora ferma lì, vado avanti e indietro tra i due alberghi, cerco di dividermi in due… Chi siamo e dove andiamo? Perché, con tutto il nostro “progresso”, siamo così limitati nella comprensione, nell’empatia, nella capacità di darci reciprocamente la vera libertà? Perché con la nostra enfasi sull’individualismo siamo lo stesso tanto accecati dal bisogno di uniformarci?»

Lily King, che è nata negli Stati Uniti nel 1963, rende omaggio con Euforia alla forza di una generazione di ribelli, esaltati dalle potenzialità di un campo di studi, quello dell’antropologia, che all’epoca dei fatti era alla ricerca di una piena legittimazione. E nel suo romanzo illumina, fra l’altro, la relazione di Margaret Mead con Ruth Benedict, entrambe protagoniste della cultura statunitense della prima metà del Novecento, ricordando la loro lotta contro l’etnocentrismo e la misoginia statunitensi.

La traduzione accurata e elegante permette di apprezzare al meglio l’originalità del romanzo, che intreccia abilmente l’ironia nei confronti delle piccole contese tra studiosi (sempre convinti che la tribù del vicino sia la migliore) con la meticolosa ricostruzione di un progetto scientifico provocatorio, capace di dare voce a un attacco senza mezzi termini nei confronti di misoginia e razzismo, individuati come costitutivi dell’imperialismo occidentale.

Nel corso della loro faticosa convivenza presso la tribù dei Tam, Nell e Bankson sviluppano un’intesa intellettuale e fisica che si riverbera sul modo in cui raccolgono e interpretano i dati, mentre Fen, a sua volta innamorato di Bankson, accumula rancore nei confronti della moglie e comincia a lavorare di nascosto a un progetto etnografico alternativo.

Sebbene la storia di Euforia sia narrata dal punto di vista di Bankson, tutto il romanzo ruota intorno alla figura di Nell Stone, mentre gli altri personaggi si vanno via via innamorando delle sue intuizioni, della sua caparbietà, della sua foga. Alla loro devozione, Nell contrappone un bisogno di libertà che sembra lasciarli sgomenti. La sua resistenza alle richieste di esclusività – «prima di conoscere Helen pensavo che il desiderio di possedere l’altro fosse più maschile che femminile nella nostra cultura, ma ora credo che il temperamento faccia la sua parte» – e la freddezza con cui sembra accogliere le dichiarazioni appassionate dei suoi amanti, non ci impediscono di farci irretire dalla sua personalità, non fosse altro che per la forza delle passioni che la animano.

Capace di collegare gli indizi raccolti con la sagacia propria di un detective, di imparare lingue nuove a grande velocità, Nell è abituata a muoversi con freddezza in contesti saturi di pericoli. Nel romanzo compare vestita di abiti lisi e informi, spossata dalla malaria, segnata nel corpo dalla tigna e da piaghe e infezioni trascurate: così conciata, Nell è un insolito oggetto del desiderio.

Ma è la scrittura di Lily King, fatta della capacità di ricreare la fisicità minacciosa e insieme esaltante della vita in territori lontani da codici e consuetudini civilizzate, a fare di Nell Stone una figura il cui fascino resterà indimenticato.