La notizia del piano di ristrutturazione (cioè, fuori dall’ipocrisia linguistica, dei licenziamenti) della Indesit, viene commentata come un fulmine a ciel sereno dalla giunta regionale delle Marche (che è ancora Spacca e Pd). E’ veramente incredibile. Altrettanto incredibile è la mobilitazione tardiva del governo Renzi, il quale più che di salvaguardare il lavoro, si pone il problema di come renderlo licenziabile.

Altro che fulmine. E’ un film visto decine di volte: si smobilita l’industria italiana, i padroni fanno cassa, e i nuovi padroni esteri licenziano. I padroni erano la famiglia Merloni, che è passata all’incasso di 700 milioni di euro. I potentati politici legati a quei gruppi industriali e che su quelle relazioni hanno costruito carriere personali, cioè l’ex Governatore delle Marche Spacca (oggi candidato per la destra) e buona parte del Pd, cadono dal cielo, come quelle pastorelle dei presepi, che a Napoli chiamano «le pastore della meraviglia».

Da anni, una delle principali aziende delle Marche, secondo produttore europeo di elettrodomestici presenta bilanci (utili insignificanti rispetto al fatturato) che ne mostrano la debolezza e la mancanza di prospettive. Come evidente è, da anni, la mancanza di una politica industriale e di un’idea capace di trovare alternative al modello economico marchigiano della piccola impresa. La recessione mondiale aggrava ulteriormente il quadro e azionisti di maggioranza e management puntano tutto sulla ricerca di partner forti, per fare cassa, appunto, non per salvare le imprese e il lavoro.

Tutto questo è noto a una platea vasta, non solo agli addetti ai lavori. La Regione che fa? Vagheggia la creazione del polo della ricerca avanzata su elettrodomestici ed house automation in cui occupare centinaia di giovani laureati in previsione di un probabile ridimensionamento occupazionale della Indesit. Aria fritta, nell’immediato: un progetto del genere richiede ingenti risorse e tempi lunghi, mentre le prospettive di sopravvivenza della Indesit si fanno sempre più oscure. Fino al colpo di scena della vendita a un prezzo spropositato, fuori da ogni logica commerciale, alla Whirpool. Nessuno si chiede che logica ci sia dietro questa incredibile acquisizione da parte di un concorrente. Di solito queste operazioni vengono fatte per eliminare la concorrenza, ma non a questi costi. E’ una questione più grande, non un affare dei Merloni: un attacco a una delle poche multinazionali italiane, e il governo interviene a danni compiuti.

Un cittadino normale immagina che su questi problemi seri abbia discusso e si sia rotto l’asse Pd-Spacca. Immagina male. Tutto è avvenuto su destini e carriere personali. E’ un esempio di scuola delle conseguenze di una politica prona agli interessi privati e alle spinte di un liberismo selvaggio che, come si vede, non è un fantasma ideologico, ma una realtà che anche i marchigiani pagano cara.

E non è un caso isolato, in una regione piccola come questa; storia simile per la Prismian di Ascoli Piceno.

Ma gli ex sodali, oggi rivali (domani, chi sa?) si cambiano maglie e casacche: mentre Spacca passa con la destra, nella coalizione che sostiene il candidato Pd, Ceriscioli, entra (in lista con una parte dell’Udc; l’altra sta con Spacca… ci vuole un navigatore satellitare per seguire queste giravolte) l’ex sindaco della destra di Fermo, Di Ruscio (quello che nel 2008 invitò a Fermo Dell’Utri a presentare i falsi diari di Mussolini) e che, probabilmente, ci resterà, nonostante le proteste dei civatiani fermani.

Una speranza viene, oltre che dalla forte e reazione dei lavoratori e del sindacato, dalla sinistra marchigiana, che ha avuto la forza e il buon senso di dare un seguito coerente all’esperienza delle europee e che, con la lista «Altre Marche. Sinistra Unita», ha superato barriere e schemi del passato, ponendo al centro del proprio progetto non vetusti tatticismi, ma la centralità del lavoro e dei diritti. Le Marche sono un caso evidente di come la mutazione genetica del Pd e la mercificazione della politica lascia i lavoratori e i cittadini soli di fronte alle spinte del liberismo; ma anche di come, con decisione e lungimiranza, si può mettere mano a una politica e a una sinistra nuove e di come la spirale involutiva della democrazia possa cominciare ad essere invertita.