L’amministrazione Obama ha annunciato una serie di sanzioni destinate a punire la Russia e il presidente Putin, con l’accusa di ingerenza nelle elezioni americane.

La notizia arriva dal Washington Post che citando fonti anonime, ha riferito che il pacchetto includerebbe sanzioni economiche, «censura diplomatica» e operazioni di ritorsione telematica che avranno Mosca come target. Il quotidiano ha riferito che il piano della Casa bianca prevede la revisione di un ordine esecutivo del 2015 progettato per dare a Obama il potere di rispondere agli attacchi informatici mirati a colpire l’economia degli Stati uniti o la loro sicurezza nazionale.

LE SANZIONI possono includere il congelamento di denaro e altri beni situati negli Usa e il divieto ad personam di utilizzare il sistema bancario americano.

I FUNZIONARI RUSSI hanno negato le accuse di interferenza nelle elezioni, ma Obama continua ad accusare Putin di aver orchestrato una serie di hack per esporre segreti imbarazzanti del Comitato nazionale democratico ed inficiare così la campagna presidenziale di Hillary Clinton. Sarebbe bastato questo, quindi, esporre le comunicazioni private del partito democratico, per far crollare la candidatura Clinton.

In questo modo si attenuano le responsabilità della macchina democratica nella sconfitta elettorale: la debolezza della candidatura, le macchinazioni burocratiche del marchingegno democratico anti Sanders, gli errori di valutazione che negli ultimi giorni hanno portato Clinton a far campagna nei luoghi sbagliati. .

QUESTE SANZIONI AMERICANE, inoltre, assegnano a Putin il ruolo di «super burattinaio» in grado di decidere le sorti di qualunque altro Stato inclusa la potente America.

Quest’ultima, la super potenza mondiale, mentre punisce i russi, si presenta come debole ed in balìa della prima incursione telematica consegnata a Wikileaks. L’annuncio della ritorsione fa parte di una serie di misure prese in extremis da Obama, anche perché ora trova meno opposizione: dalla protezione dell’Artico al veto ad Israele, si tratta di misure volte a contrastare l’entrante amministrazione Trump il quale, da parte sua, sta prendendo ogni mossa della Casa bianca come un’offesa personale. Decisioni sulle quali, naturalmente, twitta senza censure. Nelle sole prime ore della mattina di mercoledì il presidente eletto ha attaccato l’Onu, ha promesso protezione ad Israele e di fare carta straccia dell’Irandeal, ha tacciato di «disonestà» la Nbc, ha affermato che Obama non sarebbe mai stato in grado di batterlo e si è lamentato per una transizione che a suo dire non è facilitata dall’amministrazione uscente, il tutto con toni non proprio presidenziali ed una veemenza tale da far ricordare come non sia mai accaduto che un presidente eletto interferisse così tanto con l’amministrazione in carica, per la legge non scritta del «un presidente alla volta».

Trump invece non si tiene e commenta ogni mossa del presidente in carica concludendo ogni volta usando le maiuscole per «urlare» che dal 20 gennaio – finalmente, per lui – cambierà tutto.