«Io sono tra le persone che non hanno potuto studiare perché la mia famiglia non aveva i mezzi economici. Proprio per impedire che il diritto all’istruzione sia impedito battiamoci insieme per una scuola pubblica». Lo ha scritto ieri il segretario della Fiom Maurizio Landini in un librone dove i sostenitori dello sciopero della fame a staffetta che prosegue da una settimana sotto gli uffici dell’Ufficio scolastico Regionale in via De Castagnoli a Bologna hanno testimoniato il sostegno alla protesta contro il Ddl Scuola di Renzi e del Pd. «Proprio per impedire che il diritto all’istruzione venga rimosso – ha scritto Landini che ha indossato un cartello La scuola ha fame e io digiuno con lei – organizziamoci insieme per una scuola pubblica nuova ed avanzata. La costruzione di un pensiero libero, critico e autonomo è la condizione per una vera democrazia».

Per il segretario della Fiom quella contro il Ddl scuola «non è una battaglia di settore ma generale. Dobbiamo trovare i modi e le forme perché non ci si fermi, si cambino i provvedimenti sbagliati e si apra una stagione diversa in questo paese».

Gli organizzatori della protesta che ha conquistato una crescente visibilità sono tra i sostenitori della legge d’iniziativa popolare «per una buona scuola per la Repubblica» (Lip): 29 articoli già depositati in Parlamento e sottoscritti da 100 mila firme certificate. La Lip viene da molti considerata come l’alternativa alla riforma del Pd che «con i suoi presidi-boss tuttofare» mette a rischio «la libertà di insegnamento e di espressione». Con i suoi «non-criteri di valutazione – continuano gli organizzatori del presidio bolognese – e con l’arrivo di altri finanziamenti privati a sostegno di singole scuole messe in competizione non farà altro che estendere le disuguaglianze». L’obiettivo è creare «scuole di serie A e scuole di serie B, scuole per la classe dirigente e scuole per le classi meno abbienti. Un salto indietro di decenni. Di nuovo accadrà che i figli dei dottori faranno i dottori mentre i figli degli operai faranno gli operai».

Istantanee di un movimento di grande impatto che ha rotto il blocco sociale del Partito democratico, ha rovesciato le sorti già segnate di una riforma che Renzi intendeva far passare contro tutti e si è fatto sentire nel corso dell’ultima settimana con il riuscito sciopero degli scrutini. Il governo è impantanato tra la commissione Bilancio al Senato (con il presidente Azzolini che rischia l’arresto per uno scandalo nella sanità pugliese) e quella Istruzione dove i numeri per Renzi sono ballerini. L’adesione allo sciopero è stato, in media, dell’80%. «In molte scuole l’adesione è stata totale – afferma Domenico Pantaleo (Flc-Cgil) – La mobilitazione non si ferma, cresce il consenso per le ragioni della protesta, cala quello verso il governo e l’insensato atteggiamento di chiusura, nei fatti, verso chi chiede di fermare l’iter del Ddl». Quella della scuola è «una battaglia nobile. Nessuno si illuda di poterla fermare senza aver dato ascolto e giusto riscontro alle sue proposte» ha aggiunto Francesco Scrima (Cisl).

Il governo, invece, chiude su tutti i fronti. La ministra dell’Istruzione Stefania Giannini ha smentito le voci su un rinvio di un anno della riforma (sarebbe un disastro per Renzi) e ha confermato l’intenzione di andare avanti ad ogni costo. Sul piatto c’è l’assunzione dei 100.701 precari della scuola, usati per ricattare il parlamento. Il movimento chiede invece uno stralcio delle assunzioni e la riscrittura completa del Ddl. Il risultato è uno stallo, in attesa di lumi che potrebbero arrivare la prossima settimana.

Per i senatori di Forza Italia nella commissione Bilancio al Senato il Ddl «è vessatorio e la spesa sarà sforata. Non la votiamo». Oltre all’incostituzionalità della chiamata diretta dei docenti da parte dei presidi, rilevata dal blitz di Mario Mauro nella commissione Affari costituzionali, Antonino D’Alì (FI) osserva che «anche per i profili di copertura finanziaria, oltre che per i contenuti di merito, il Ddl è inaccettabile». «Si vogliono realizzare alcune cose nuove, sbagliate – ha dichiarato – facendo riferimento alle risorse già disponibili presso le istituzioni scolastiche. In quali cassetti ministeriali o locali si trovino non si capisce».
I 15 giorni che Renzi si è preso per trovare la quadratura del cerchio nel suo partito sta per scadere. «Sono in corso tentativi affannosi di mediazione all’interno del Pd per salvare questa pessima riforma – sostiene Piero Bernocchi (Cobas) – Tutti vogliono evitare l’unica cosa giusta: ritirare il Ddl ed emanare il decreto per i precari». Prossimo appuntamento: mercoledì 17 giugno, per una manifestazione unitaria al Pantheon a Roma dalle 17.