Negli anni precedenti alla crezione del mercato comune, l’idea di una Catalogna, un Veneto o una Scozia indipendenti era difficilmente praticabile. Le dimensioni degli stati sono infatti la conseguenza di un trade-off(compromesso) economico,oltre a motivi storici e culturali. Da un lato, Stati più piccoli sono caratterizzati da preferenze al loro interno più omogenee, ossia cittadini tra loro più simili in termini di preferenze sulla gestione della cosa pubblica. Dall’altro, Stati più grandi garantiscono mercati più estesi, e una serie di economie di scala derivanti dalla gestione comune una serie di politiche, come la difesa, la politica commerciale, l’amministrazione della giustizia. Gli Stati Federali nascono appunto da questo compromesso.

La creazione del mercato comune nel 1992, hanno ridotto i costi di secessione, ossia quei costi che una regione che decide di rendersi autonoma dovrà sopportare. Il mercato di riferimento infatti non è più contenuto dai confini nazionali, ma è rappresentato dal mercato unico europeo. La moneta e la politica monetaria sono già gestite da un organo sovranazionale autonomo, come la Banca Centrale Europea, molte altre politiche, come quella commerciale, agricola e ambientale sono sempre più europee e sempre meno nazionali. A mano a mano che l’Europa accentrerà potere politico in altre aree, come la difesa,la politica estera e il mercato del lavoro, i costi di secessionesono destinati inesorabilmente a diminuire, e le spinte secessioniste diventeranno più credibili.

L’integrazione europea consente a regioni ricche, come la Catalogna e il Veneto, o culturalmente e storicamente «separatiste», come i Paesi Baschi e la Scozia, di beneficiare da una scissione. Le prime in particolare trattenendo l’intero gettito fiscale al loro interno, le seconde essendo libere di fare politiche più coerenti con le loro caratteristiche. La Scozia già prefigura in caso di secessione uno stato sociale più simile al modello scandinavo. Al contempo, una secessione guidata darebbe luogo a costi (economici) limitati, in quanto le economie delle neonate nazioni sarebbero inserite in uno dei più estesi mercati del mondo e godrebbero dei benefici di appartenere all’Ue, che li rappresenterebbe presso il G7 o presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio. Nei fatti le dimensioni del Veneto o della Scozia non sono poi molto diverse da quella dell’Olanda o delle Repubbliche Baltiche. Da un lato quindi, c’è unanimità nel sostenere che se si vuole tenere insieme l’Europa occorre una maggiore integrazione politica. Nella misura in cui questo significa una progressiva presa in carico di politiche a Bruxelles, un’Europa politicamente più integrata crea allo stesso tempo forti incentivi autonomisti e secessionisti.

Due sono gli interventi possibili per cercare di arginare tale processo. Il primo è incrementare le politiche redistributive all’interno dell’Europa incrementando il bilancio comune. Il recente ridimensionamento delle politiche di coesione per il prossimo periodo di programmazione 2013-2020 sembra andare in dimensione opposta. Il secondo è assecondare la maggiore domanda di autonomia attraverso un maggiore decentramento politico e amministrativo, come peraltro già avvenuto in molto paesi europei.Non a casa, tra le recriminazione della Scozia c’è anche quella di godere di un’autonomia che è rimasta tale solo sulla carta.