Più poveri, ma anche più alternativi. Non è vero che l’immagine degli italiani scattata come ogni anno dall’Eurispes ci consegna un’istantanea esattamente uguale a quella dell’anno scorso. Qualcosa cambia, nel bene e nel male.

NEL MALE di sicuro c’è l’aumento dei nuclei familiari che non riescono ad arrivare a fine mese (48,3%), in un anno sono aumentati di un punto percentuale. Le rate del mutuo della casa sono un problema per il 28,5% delle famiglie, ma va ancora peggio per chi è il affitto (il 42% vive con angoscia la scadenza del canone di locazione mensile). L’altro assillo è trovare i soldi per le spese mediche, una difficoltà economica per il 25,6% delle persone. Significativo anche che siano calati del 10 % gli italiani che possono permettersi un animale domestico.

CANI E GATTI sono evidentemente considerati in questi casi un lusso tagliabile. Mentre per far fronte all’affitto e alla rata del mutuo oltre a intaccare i risparmi (nel 44,9% dei casi), o ci si indebita o si ricorre ai genitori. Il 32,6% degli intervistati si è fatto aiutare economicamente da mamma e papà, un altro 23% usa i nonni come nido gratuito per i figli piccoli. Ma fa impressione che il 13,8% ha addirittura fatto ritorno a casa dei genitori non potendosi permettere una vita autonoma. Si sprofonda nella povertà e nel bisogno a causa di un licenziamento (76,7%) per una separazione o un divorzio (50,6%) per una malattia propria o di un familiare (39,4%) ma anche – ed è non poco allarmante – per essere diventati dipendenti dal gioco d’azzardo (38,7%).

LE PRIORITÀ E I CONSUMI nel frattempo cambiano. Ad esempio si fa sempre più attenzione a ciò che si mangia, che sia italiano e di stagione. I vegetariani sono ormai il 7,6 della popolazione e i vegani il 3 (l’anno scorso erano l’1%). La soddisfazione o meno rispetto ai servizi sanitari è sostanzialmente stabile e più alta di sette anni fa ma una persona su quattro non si fida dei vaccini e una su cinque usa medicinali non convenzionali (il 76,1% l’omeopatia).

Non diminuisce l’analfabetismo digitale, che resta al 37% della popolazione tra i 6 e i 75 anni non sa usare il computer, la stessa quota registrata quattro anni fa, nel 2013, quando solo un terzo degli italiani tra i 14 e i 75 anni risultavano in grado di avere un uso spedito di internet, sia per atti amministrativi che per tutti gli altri possibili utilizzi.

I MILLENNIALS italiani meritano un focus a sé. Si tratta della generazione che ha vissuto ancora non in età adulta il passaggio di millennio – i nati tra gli anni Ottanta e il Duemila- che in tutto il mondo occidentale rappresenta il target più conteso e appetibile delle strategie di comunicazione pubblicitaria e non. Cresciuti immersi in una realtà mutante, per metà virtuale, nel 2020 rappresenteranno un quarto della popolazione europea e nordamericana.

In Italia sono un segmento consistente: 11 milioni di ragazzi e ragazze già oggi quasi tutti maggiorenni. Vivono più o meno attaccati allo smarphone, sia sui social (quasi tre ore al giorno di media) ma sono anche grandi consumatori di tv (quattro ore e mezzo al giorno). Nel rapporto Eurispes 2017 vengono descritti come abbastanza disillusi sul futuro, ma lo stesso molto esigenti sul piano etico del lavoro.

Il 48% dà per scontato che avrà bisogno dell’aiuto economico dei genitori, il 40% prevede che non guadagnerà uno stipendio pari a quello della generazione precedente eppure rendersi autonomi dalla famiglia resta l’obiettivo principale del 64% dei 18-24enni. Nonostante tutto, poi la maggioranza dei «Millennials» italiani (il 56%) dice di escludere a priori di poter lavorare per aziende che operano in modo non sostenibile e il 49% rifiuterebbe lavori in contrasto con la propria etica professionale.