“Avreste mai immaginato che un giorno vi sareste trovati a raccontare una vittoria azzurra contro gli Springboks?”. Erano le cinque e mezza del pomeriggio di sabato scorso e nella sala stampa dello stadio Franchi l’euforia aleggiava come una nebbia novembrina. A porre la domanda era Andrea Cimbrico, media manager della federugby e collega molto apprezzato da noi addetti ai lavori; anche lui, come tutti i presenti, era pervaso da un più che comprensibile attacco di buon umore.

Il quesito così posto avrebbe meritato una ben ponderata risposta che le circostanze date rendevano impossibile. Tuttavia chi scrive avrebbe voluto alzare il ditino e replicare: “Sì, lo avrei immaginato”. E questo per almeno due buone ragioni. La prima riguarda il presente e il passato più recente: lo stato di cattiva salute di questo Sudafrica era già ampiamente certificato negli ultimi mesi dal Rugby Championship dell’emisfero Sud che aveva visto i ‘boks chiudere al penultimo posto, sconfitti in Argentina e umiliati in casa (15-57) dagli All Blacks, e poi malamente battuti al Twickenham una settimana prima del match con gli azzurri. La seconda ragione è che pur dando per scontate le distanze che separano il rugby sudafricano da quello italiano, proprio le caratteristiche tecniche del gioco dei ‘boks (fisico, abrasivo, monotematico, in qualche modo “antico”) li poteva rendeva più vulnerabili a fronte di una squadra azzurra ben messa in campo, motivata e capace di restare loro attaccata nel punteggio. Tutte queste considerazioni erano però confinate in un ipotetico “Accadde domani”, per citare un bel film di René Clair nel quale a un giornalista viene magicamente data la possibilità di conoscere le notizie del giorno dopo. D’altra parte i 68 punti incassati dagli All Blacks sette giorni prima riducevano tali ottimistiche considerazioni al rango di flebile speranza.

La difesa ritrovata

Il rugby concede tuttavia l’impensabile quando la squadra più forte gioca molto al di sotto delle proprie possibilità e l’avversaria disputa una prestazione ben al di sopra, e questo è quanto è accaduto sabato a Firenze. La difesa degli azzurri è stata pressoché perfetta nelle fasi di gioco più congeniali agli Springboks (meno nel gioco in campo aperto, dove in più occasioni i trequarti sudafricani si sono infilati nei buchi lasciati aperti, divorando decine di metri) e nei punti di incontro il confronto è stato spesso vincente. Inoltre per la prima volta abbiamo visto una precisione assoluta nei calci piazzati: cento per cento, percentuale mai più vista dopo l’addio alle scene di Diego Dominguez. Questi e altri sono stati i fattori determinanti per il successo dell’Italia.

Tutto questo non è sufficiente, almeno per ora, a schiodare gli azzurri dal tredicesimo posto nel ranking internazionale, però dà un senso al lavoro fin qui svolto da Conor O’Shea e alle sue intenzioni di portare il rugby italiano a un livello che lo renda capace di misurarsi con le squadre più forti. L’Italia perderà ancora, qualche brutta partita la vedremo, ma forse si stanno ponendo le basi per un significativo balzo in avanti.

Simone Favaro (1)

La nazionale conclude sabato (DMAX, 15.00) a Padova contro Tonga il suo trittico d’autunno. Delle tre sfide in programma, questa dovrebbe essere quella più alla portata degli azzurri. Nei quattro precedenti l’Italia ha vinto tre volte: l’unica sconfitta giunse a Leicester, alla coppa del mondo del 1999. L’ultima sfida si è disputata a Brescia, nel 2012, e finì con una vittoria su misura, 28-23. Tonga dà il meglio di sé quando gioca in casa o durante le coppe del mondo (nel 2011 sconfisse la Francia, poi finalista) mentre nei test autunnali fa più fatica, ma in questo tour europeo ha finora vinto entrambi i match disputati, sebbene contro squadre di rango minore (Stati Uniti e Spagna). Merita rispetto e considerazione: da questo arcipelago polinesiano popolato da poco più di centomila abitanti (quanti ne ha Novara) i cui figli emigrano per lo più alla volta della Nuova Zelanda e dell’Australia, escono fior di giocatori che ritroviamo poi nei maggiori campionati di rugby. Dei quindici che vedremo in campo domani ben sei giocano in Francia, tre nel campionato inglese, quattro in quello neozelandese.

L’Italia deve rinunciare al suo capitano, Sergio Parisse, squalificato per tre settimane dalla commissione disciplinare francese. Sarà l’unico assente rispetto alla formazione che ha battuto gli Springboks. La maglia numero 8 passerà sulle spalle di Andries Van Schalkwik, recuperato dall’infortunio patito sabato scorso. In seconda linea rientra Quintin Geldenhuys a far coppia con Fuser.

La fascia di capitano sarà affidata al più meritevole tra i quindici che hanno fatto l’impresa: il coraggioso Simone Favaro, terza linea dai placcaggi temerari, uno che come Jean Pierre Rives non ha paura di mettere la faccia là dove altri non metterebbero neppure il piede. Giocano: Padovani; Bisegni, Benvenuti, McLean, Venditti; Canna, Bronzini; Van Schalkwik, Favaro, Minto; Fuser, Geldenhuys; Cittadini, Gega, Panico. In panchina c’è il rientro di Andrea Campagnaro.