Una bozza di accordo fra le diverse anime del Pd su una nuova legge elettorale c’è, ma è carta che non canta, cioè non contiene nessun sigillo vincolante per il premier. Per questo la minoranza bersaniana fa già sapere che si dispone a valutarla con abbondante dose di pessimismo. Ma la telenovela non è ancora ufficialmente finita.

Ieri pomeriggio la commissione dem si è riunita alla camera. Presente «l’esploratore» Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd, il presidente Orfini, il capogruppo alla camera Rosato e l’unico esponente delle minoranze Gianni Cuperlo. Alla termine Guerini è stato laconico: «Stiamo lavorando su una bozza di documento, ma un passo alla volta. Non c’è nulla di definitivo». La bozza, in un paio di cartelle, contiene alcune proposte, in alternativa, per accogliere i ’paletti’ posti da Cuperlo come indispensabili. Almeno in termini di principio: un’apertura ai collegi uninominali o, in alternativa, l’eliminazione dei capilista bloccati e la diminuzione delle multicandidature; l’ipotesi dell’apparentamento tra primo e secondo turno; ma soprattutto quella – fin qui esclusa dal segretario – del «superamento» del ballottaggio sostituito da un premio al partito vincente, come proposto dai «giovani turchi». Renzi ha dato l’ok.

Manca però un tassello cruciale: la garanzia che il premier si consideri vincolato a questo testo attraverso l’approvazione dell’accordo indirezione del Pd e poi l’incardinamento in commissione a Montecitorio. Anche se non serve ricordare che persino a prescindere dalla buona fede di Renzi su qualsiasi giuramento pende il risultato del referendum costituzionale del 4 dicembre.

Con questo magro bottino Cuperlo ora deve affrontare lo scetticismo di Bersani per decidere se accettare la pace e votare Sì al referendum. Ma una risposta positiva è ormai impossibile. Ieri mattina, prima della riunione, i due si sono già parlati a lungo a Montecitorio. Nel pomeriggio, mentre l’ex candidato si sedeva al tavolo, l’ex segretario si è seduto davanti alle telecamere di Repubblica.tv e si è dichiarato graniticamente convinto del suo No al referendum: «Sto cercando di tenere insieme coloro che hanno lasciato il Pd senza che il capo del partito abbia fatto nulla per trattenerli». Quanto a Cuperlo, l’onore delle armi: «Sta provando con generosità» a dialogare con «l’imperdonabile Renzi». Né i bersaniani fanno misteri: «Gianni conosce già la nostra risposta», fanno sapere. «Avevamo chiesto alla commissione di produrre un atto parlamentare. Cè un ddl governativo? No. In ogni caso ogni sforzo è utile e vorrà dire che questo documento tornerà utile dopo il 4 dicembre».

Il soldato Cuperlo è solo, del resto lo era dall’inizio. Se deciderà di votare No ha promesso di dimettersi da deputato. Ora si è riservato «tempi rapidi» per sottoporre la bozza ai suoi compagni della minoranza. Che però gli hanno già mandato a dire: «Noi siamo coerenti con quanto detto dall’inizio. Ora sta a Gianni decidere cosa fare».