Una mano al governo Renzi, che al senato annaspa ed è tentato da una gaffe pesante come tagliare i tempi al dibattito sulle riforme costituzionali. Ma anche un avviso, forse un altro implicito aiuto allo stesso indirizzo: il testo della legge elettorale – considerato da Renzi intoccabile perché core business del patto del Nazareno – è «destinato ad essere ridiscusso con la massima attenzione per criteri ispiratori e verifiche di costituzionalità che possono indurre a concordare significative modifiche».

Il presidente Napolitano torna a difendere le riforme di Renzi e a bacchettare quelli che si oppongono. Lo aveva già fatto il 7 luglio scorso, sposando in pieno la fretta del premier contro gli «inconcludenti», e cioè quei senatori che in quelle ore si rivolgevano a lui come garante dei tempi del dibattito. Ieri, alla cerimonia della consegna del Ventaglio, tradizionale saluto prima delle vacanze alla stampa parlamentare, rispondendo alla presidente Alessandra Sardoni, è tornato sul tasto delle riforme, di nuovo bacchettando i non allineati, rivolgendo loro «un appello a superare un’estremizzazione dei contrasti, un’esasperazione ingiusta e rischiosa – anche sul piano del linguaggio – nella legittima espressione del dissenso. E per serietà e senso della misura nei messaggi che dal Parlamento si proiettano versi i cittadini, non si agitino spettri di insidie e macchinazioni autoritarie. Né si miri a determinare in questo modo un nuovo nulla di fatto in materia di revisioni costituzionale».

Il presidente per la seconda volta stende il suo scudo sulle riforme (Renzi le realizza «su mandato del parlamento», dice) e se la prende con chi le giudica «una svolta autoritaria». I 5 stelle («Il presidente più che censurare alcune opinioni dovrebbe garantirne l’espressione», replica dal Tg3 Di Maio); Sel, che chiede un colloquio al Colle; ma soprattutto un nutrito gruppo di «professori» («professoroni» nel linguaggio di Renzi) a cui non proprio sobriamente due giorni fa la ministra Boschi ha dato degli «allucinati». Chissà se questa è il «senso della misura» di cui parla il capo dello stato.

Napolitano torna anche sulle sue dimissioni: chiede alla stampa di non esercitarsi in «in premature e poco fondate ipotesi e previsioni» ma poi ammette di aver «ritenuto necessario garantire la continuità ai vertici dello Stato nella fase così impegnativa del semestre italiano di presidenza europea», ferme restando le sue «personali forze».

Parole in sintonia con altre già dette, e che sembrano alludere a dimissioni alla fine del semestre, e quindi all’inizio del 2015. Parole che hanno mandato in tilt i boatos che in queste ore rimbalzano il possibile voto anticipato, come carta coperta di Renzi, o come strumento di pressione sulle camere per accelerare l’iter delle riforme. Proprio ieri Roberto Giachetti, vicepresidente della camera, ha scritto una lettera aperta al premier suggerendogli di tornare al voto anche con il consultellum anziché subire «questo ostruzionismo che uccide la speranza di milioni di italiani». C’è chi dice che la lettera sia stata suggerita dallo stesso Renzi. Giachetti, ex radicale e renziano outsider, non è tipo da farsi suggerire le iniziative dal premier. Ma certo a Renzi la mossa è tornata utile.

Passando per le «stragi dei disperati nei nostri mari» e per quelle «di tanti incolpevoli uccisi nei bombardamenti su Gaza» il discorso arriva all’Italicum. E qui Napolitano avverte che il testo già votata alla camera, è «destinato ad essere ridiscusso con la massima attenzione per criteri ispiratori e verifiche di costituzionalità che possono indurre a concordare significative modifiche». In soldoni, così l’Italicum non passa, sembra dire il presidente. Negli scorsi giorni erano già circolati i suoi dubbi sul testo. Ne aveva parlato con Pierluigi Bersani il 3 luglio nel suo studio. Ormai nel rango del «padre nobile» della minoranza Pd, l’ex segretario gli aveva ripetuto la sua contrarietà al testo così com’è. Molti «professori», di cui il presidende è attento lettore, da mesi segnalano i loro dubbi. Resta ora da capire quali siano le «distorsioni della rappresentanza» segnalate dalla Consulta nel vecchio porcellum a spingere il Colle al preavviso. Renzi ha ormai messo in conto qualche modifica all’Italicum, i suoi ne parlano esplicitamente. Napolitano ufficializza questa necessità perché anche Berlusconi se ne faccia una ragione. Quel Berlusconi a cui d’altro canto rende omaggio per una riforma della giustizia finalmente possibile dopo il «riconoscimento che è stato espresso nei giorni scorsi da interlocutori significativi, per “l’equilibrio e il rigore ammirevoli” che caratterizzano il silenzioso lavoro della grande maggioranza dei magistrati italiani». In ogni caso la richiesta di modifiche all’Italicum, assai più che le bacchettate ai dissidenti, possono aiutare a sbloccare lo stallo del senato.