Mosca ha scoperto il vaso di Pandora degli affari petroliferi tra Ankara e Stato islamico (Is). Putin aveva già rivelato che l’abbattimento del bombardiere russo Sukhoi Su-24 servisse a proteggere i traffici petroliferi tra Ankara e Is. Secondo alcune stime, la produzione petrolifera complessiva dello Stato islamico, raggiungerebbe i 35-40 mila barili al giorno. Ma ieri i vertici militari russi in una conferenza stampa senza precedenti si sono spinti ad accuse ben più articolate.

Secondo il ministero della Difesa russo, la stessa famiglia di Erdogan sarebbe coinvolta direttamente nel business del petrolio che tiene in vita i jihadisti. Il vice ministro della Difesa, Anatoly Antonov, ha accusato la Turchia di essere il più grande acquirente del petrolio «rubato» da Siria e Iraq. «I leader turchi hanno dimostrato estremo cinismo. Guardate cosa stanno combinando!», ha tuonato Antonov. «Hanno invaso il territorio di un altro paese e lo stanno saccheggiando sfacciatamente», ha aggiunto.

Il riferimento, finalmente senza peli sulla lingua, è al finanziamento delle opposizioni al presidente Bashar al-Assad da parte di Ankara e poi all’imposizione unilaterale, con l’avallo della Nato, di una safe-zone turca nel Nord della Siria (Rojava). Soprattutto nella popolazione kurda questo atteggiamento ha prodotto un odio anti-turco senza precedenti sin dai tempi della conquista della città di Kobane (2014) da parte dello Stato islamico. Quel giorno è un segno indelebile nella mente del popolo kurdo perché non si sarebbe mai dovuto verificare, se Erdogan avesse avuto davvero a cuore le sorti del suo popolo. A questo punto i kurdi, nonostante non abbiano mai tifato per al-Assad, vedono nell’intervento russo l’unica chance per liberarsi dal controllo delle autorità turche.
Se Erdogan aveva promesso di dimettersi qualora fossero state presentate le prove del suo coinvolgimento con Is, definendo le accuse russe come «calunniose», ora dovrebbe lasciare subito il suo incarico, perché a rafforzare le evidenze inequivocabili dei legami tra Servizi segreti (Mit) e Is, costate il carcere ai giornalisti di Cumhuriyet, Can Dundar e Erdem Gul, cantano le prove aggiuntive prodotte dai militari russi. In ministero della Difesa russo ha fatto riferimento anche alle immagini satellitari che mostrano i camion che trasportano il petrolio di Is attraverso il confine tra Siria e Turchia. I camion hanno viaggiato verso due raffinerie turche e una in un terzo paese.

Particolarmente rivelatrici sono le riprese del 18 ottobre e del 14 novembre scorsi, quando nella provincia kurda turca di Silopi si vedono migliaia di container in fila pronti ad alimentare il traffico di greggio.

Il Pentagono ha bollato le accuse russe contro Ankara come «assurdità». «Rifiutiamo l’idea che la Turchia stia lavorando con Is», si legge in una nota. Eppure anche fonti Usa confermano che intermediari turchi sono coinvolti nei commerci illegali di Is. Obama aveva chiesto a Erdogan di fare di più per controllare il confine con la Siria, chiuso agli aiuti umanitari e aperto al passaggio dei jihadisti. Secondo Mosca, i rifornimenti di Is attraverso la Turchia sono avvenuti su «scala industriale», per il Cremlino solo nell’ultima settimana sarebbero almeno duemila i terroristi, oltre 120 le tonnellate di munizioni e circa 250 i mezzi di trasporto dei jihadisti che hanno raggiunto la Siria attraversando il confine turco.

Ma Mosca, ha molte cose da rimproverare anche alla coalizione internazionale guidata dagli Usa, che sarebbero pronti a un intervento di terra in Siria. Secondo il vice capo di Stato maggiore, Serghiei Rudskoi, i raid Usa non hanno avuto come obiettivo le infrastrutture di Is. Per Rudskoy, i profitti di Is si sarebbero invece dimezzati dopo i raid russi. Per Mosca, l’abbattimento dell’Su-24, che stava colpendo ribelli turcomanni e jihadisti ceceni nel Nord della Siria, avrebbe avuto perciò come scopo a lungo termine di minare i colloqui di pace sulla Siria in corso a Vienna.

Anche Francia e Germania hanno chiesto ad Ankara di poter utilizzare la base di Incirlik per bombardare i jihadisti e vorrebbero supporto logistico nel porto di Tasucu. Ma è la Nato nel suo insieme a intensificare il suo impegno militare nel paese. Potrebbe tenersi a breve una riunione congiunta Nato-Russia per discutere della crisi russo-turca e di Siria. I piani dell’Alleanza atlantica sono di inviare missili e aerei per rafforzare la difesa missilistica turca al confine con la Siria. La decisione di Washington e Berlino di ritirare i loro missili Patriot aveva creato non poco disagio ad Ankara. In seguito all’abbattimento del Sukhoi, Mosca ha dispiegato jet Su-34 con missili aria-aria e i suoi missili S-400, puntati verso la Turchia, nel Nord della Siria.

Nonostante l’escalation dello scontro e l’imposizione di sanzioni contro Mosca, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, si è detto pronto ad incontrare il suo omologo turco, Mevlut Cavusoglu, durante una conferenza che si tiene questa settimana a Belgrado. Putin si era rifiutato di rispondere al telefono e di incontrare Erdogan ai margini della conferenza sul clima di Parigi. Erdogan ha ricordato che fino a poche settimane fa, il presidente russo elogiava il suo «coraggio» e ha aggiunto che negli incontri bilaterali con i leader europei a Parigi ha ricevuto solidarietà.