Un incontro piuttosto ridicolo: e anche offensivo, rispetto a chi ha scioperato una settimana fa. Il governo ha scelto di confrontarsi ieri con i sindacati e le imprese in Sala Verde – quella della concertazione – facendosi rappresentare solo dal ministro Giuliano Poletti, visto che di Jobs Act si doveva parlare: ministro che, però, non aveva il mandato a svolgere nessuna trattativa. Quindi un faccia a faccia di “informazione”: ma siamo costretti a mettere anche questo termine tra virgolette, dato che nessun testo è stato portato sul tavolo né mostrato.

I provvedimenti che Poletti avrebbe dovuto teoricamente mostrare sono i famosi decreti delegati che il governo dovrebbe varare già al prossimo consiglio dei ministri, quello del 24, vigilia di natale: o perlomeno due, quello sull’estensione degli ammortizzatori sociali e il contratto a tutele crescenti, l’ormai stra-noto maxi-bidone propinatoci da Pd e Ncd.

Ma appunto nulla di scritto nero su bianco. E anzi il ministro – come d’altronde Renzi – rivendica con piena consapevolezza la nuova linea di rapporto con i sindacati: ovvero che si ascoltano, ma senza mai trattare sulle leggi. Perché quelle sono materia del Parlamento e del governo.

«I tempi previsti dalla delega sono brevi, sei mesi al massimo entro i quali i decreti dovranno essere approvati. Obiettivo è illustrare le posizione del governo, discutere con le parti sociali, raccogliere le istanze e le sollecitazioni ma sapendo che non ci sarà nessuna trattativa», ha spiegato infatti Poletti.

Il governo, ha aggiunto il ministro, ha mantenuto l’impegno di confrontarsi e discutere sui decreti «pur nella consapevolezza di una diversità di valutazioni soprattutto con i sindacati che hanno scioperato».

Deluse soprattutto Cgil e Uil, mentre la Cisl continua a mantenere un’apertura rispetto all’esecutivo. Susanna Camusso boccia con questo parole il faccia a faccia: «Non credo ci sarà nessun altro incontro. Non mi pare che siano per un dialogo serrato. E il fatto che Poletti abbia ribadito più volte che il confronto non prevede la trattativa ci conferma un atteggiamento indisponibile del governo a un normale rapporto con i sindacati e un atteggiamento molto più arretrato del dialogo sociale che si svolge in Europa». La leader Cgil ha aggiunto poi che il ministro ha spiegato che «non possiamo discutere con voi di cose conclusive».

Ma poi Camusso è scesa nel merito, arrivando a ipotizzare lo svelamento prossimo di un altro bidone, quell’”accordo” raggiunto dentro un Pd in fibrillazione per settimane: i licenziamenti disciplinari, quelli che dovrebbero essere in parte tutelati, grazie a un elenco di fattispecie. Macché: il rischio è che anche questa sia fuffa, e lo teme pure la Cgil. C’è «la netta sensazione – dice infatti Camusso – che vogliano trovare una formulazione» anche nella definizione dei licenziamenti disciplinari illegittimi tale da rendere «inefficace la tutela della reintegra per tutti i casi che non sia il solo e puro licenziamento discriminatorio». Insomma, rimarrebbe in piedi solo il discriminatorio: e non ci voleva il Pd né Renzi, visto che è già pienamente tutelato dalla Costituzione e dalle leggi europee.

Bocciatura anche da Carmelo Barbagallo, segretario Uil: «Si sono ripresentati ancora una volta senza uno straccio di documento, questo non ci permette nemmeno di valutare un testo. In testi così complessi anche una virgola spostata può dare spazio a strumentalizzazioni», ha detto, ribadendo la «contrarietà della Uil, perché siamo davanti a un contratto a tutele decrescenti: ognuno può essere licenziato quando si vuole».

Barbagallo dice che il suo sindacato è quindi pronto a «lotte crescenti»: «Singolare constatare come questo provvedimento entusiasmi la parte datoriale. Era stato promesso ai giovani che si sarebbe parlato di occupazione: oggi però la riunione è iniziata parlando di licenziamenti. Aspettiamo di leggere i testi, ma se le cose fossero così come le avete dette vi promettiamo lotte crescenti».

La Cisl, al contrario, dice di condividere l’idea di un contratto a tutele crescenti come forma più «competitiva e diffusa» ma ribadisce la necessità di dire con chiarezza che si conclude la stagione delle false partite Iva, delle associazioni in partecipazione e dei cococo. Inoltre chiede che laddove è eliminato il reintegro, l’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato sia «di importo adeguato».