Chi era Joseph Campbell… E perché mai ci dovrebbe interessare…?”. Robert Walter, che ha lavorato con Joseph Campbell per dieci anni come editor e curatore, e che oggi è presidente della Joseph Campbell Foundation (www.jcf.org), sorride ironicamente quando pone questa domanda agli spettatori del film “Finding Joe” (2011) (http://findingjoethemovie.com).

Già, chi era Joseph Campbell? Sicuramente un grande studioso di mitologia e religioni comparate, un professore che, per 38 anni ha insegnato letteratura Inglese al Sarah Laurence College, un profondo conoscitore di testi antichi e medioevali, uno scrittore, uno studioso di antropologia e psicologia analitica junghiana del profondo. Un viaggiatore instancabile e curioso, appassionato delle infinite pagine della storia del mondo. Soprattutto, come si definiva lui stesso, un “maverick”, un anticonformista in tutti i sensi.

Era nato nel 1904, e proprio quest’anno si è celebrato il cento decimo anniversario dalla sua nascita. Laureato in Letteratura inglese alla Columbia University di New York, a cui era seguito un Master in Letteratura Medioevale (con una tesi sul simbolismo delle leggende Arturiane della ricerca del Sacro Graal), aveva studiato anche in Europa per un paio d’anni. Era tornato negli Stati Uniti solo un paio di settimane prima dell’infausto “Black Thursday”, quel giovedì nero dell’ottobre del 1929 che aveva dato inizio alla Grande Depressione. Aiutato dai risparmi guadagnati durante gli anni di studio suonando musica Jazz come sassofonista, si era ritirato per quasi cinque anni a Woodstock, per studiare mitologia, filosofia, religioni, antropologia, e leggere Nietzsche, Schopenhauer e autori contemporanei come Thomas Mann e James Joyce. Attraverso i lunghi studi sulle mitologie di tutto il mondo e di ogni epoca – di cui si era appassionato da piccolo con la mitologia dei Native American – aveva capito che tutte quelle leggende raccontano sempre lo stesso viaggio, quello dell’eroe. Quello che Jung aveva chiamato Archetipi, storie primordiali che, come semi nell’animo umano, dovrebbero germogliare e portarci verso il nostro personale viaggio. Joseph Campbell ha riconosciuto, raccontato, e poi aiutato altri a raccontate quel viaggio eroico. Che si ripete, sempre, con gli stessi punti fermi, indipendentemente dal luogo e dal tempo, e che lui aveva chiamato Monomito.

Nel 1949, aveva scritto il suo primo e più importante libro, che resta ancora oggi il più famoso, venduto e tradotto: L’eroe dai Mille Volti (Edizioni Lindau). Mentre già lavorava al Sarah Laurence College, avrebbe intrapreso, e mai lasciato, la scrittura di circa altri 20 libri in cui ha sempre raccontato e spiegato la mitologia, sottolineando le similitudini con la nostra vita. Sempre, la figura mitologica dell’eroe segue una scala di eventi e di crescita che si ripete, costantemente, per chiunque parta per il viaggio.

Nel libro Open Life. In conversation with Michael Toms (Larson 1988), Campbell racconta come, in tutte le mitologie dell’eroe, esiste “la chiamata”, essenziale per ogni mitologia. “È la ricerca di qualcuno che parte”, ci dice, “per seguire una nuova visione che esiste, in un modo e nell’altro, in ogni mitologia di cui io sia a conoscenza”. L’unicità va sempre rispettata e riconosciuta. “È la cosa più importante, non serve seguire le indicazioni di un guru. Non puoi chiedere a qualcuno di darti la ‘Ragione per’, ma puoi trovarla solo tu. Tu decidi qual è il significato della tua vita. La gente parla del significato della vita, ma ci sono tanti significati, di vite diverse, e tu devi decidere quale vuoi sia il tuo”. In momenti di crisi, ci suggerisce, “resta sulla tua traiettoria, stai attaccato ai tuoi ideali e cerca spiriti affini. Questa è la regola della vita che sopravvive alla grande morte”. Purtroppo, e lo ricordava sempre in ogni occasione, la mitologia e le religioni vengono a volte prese letteralmente, non come metafore. Se non si comprende la metafora del mito e della religione, la crescita personale si interrompe con conseguenze certamente non positive e dando vita a posizioni scollegate con la realtà. L’Eroe è dunque chi parte per l’avventura e riesce a portare a casa la risposta che dà nuova vitalità e consapevolezza alla comunità. “Perché ci sono due modi per vivere una vita con basi mitologiche. Una è di vivere nella sfera della tua gente, che è comunque una vita nobile. Ma ci sono persone, almeno quelle maggiormente aperte a nuove esperienze, che capiscono che la vita che stanno vivendo non li rende felici. È quindi chi crede ci sia altro, e quindi parte per cercare. “Ma per chi ha ricevuto la chiamata e sente che c’è un’avventura ma non la segue,e rimane invece nella società in cui vive da sempre perché sicura, la vita si rinsecchisce”. E spesso, ci diceva in questi dialoghi un Campbell ormai ottantenne, “questa sensazione spesso arriva oltre la mezza età, quando si sa che si è arrivati in cima alla scala, ma ci si accorge, ormai tardi, che la scala è sempre stata appoggiata al muro sbagliato”. L’invito di Campbell resta sempre lo stesso: “se si ha il coraggio di rischiare, allora la vita, in qualche modo, si apre e ti viene incontro”. Come ci ricorda Robert Walter in Finding Joe, “la cosa più importante che il mito ci insegna è di andare oltre ciò che noi percepiamo essere i limiti delle nostre possibilità”. Ogni mito, anche quelli che si rifanno alla religione, sono metafore per un processo di trasformazione. Come il concetto di Sacro Graal, che non è un oggetto concreto, ma una metafora per un sentimento grande e intangibile.

Gli eventi ella vita dell’eroe, che si ripetono sempre e per tutti, seguono un corso molto preciso.

L’eroe, inizialmente, vive in un mondo ordinario, ma è infelice, scontento della propria vita. Desidera partire ma è molto combattuto, fino a che qualcosa lo convince a partire. A volte ha paura e torna indietro (questa è la Rinuncia alla chiamata) ma, se decide di partire – come spesso succede – incontra un mentore, un saggio, che e lo aiuta e lo consiglia. Attraversa un limite, una frontiera, e si ritrova in un mondo sconosciuto, dove tutto funziona seguendo nuovi valori e regole. Affronta molte prove, incontra nemici e amici, dovrà affrontare sfide fino ad arrivare a confrontarsi con la morte o con la sua paura peggiore. Dopo l’incontro con la morte, arriva una nuova vita. L’eroe riparte per tornare e portare al suo vecchio mondo il dono di ciò che ha imparato, ma deve superare ancora gli ultimi pericoli. Sulla soglia che lo porta a casa dovrà fare l’ultimo sacrificio per rinascere nuovamente e superare i conflitti che esistevano prima che partisse.

Questo è quello che viene raccontato da Campbell in altri 4 volumi: Mitologia Primitiva, Mitologia Orientale, Mitologia Occidentale e Mitologia Creativa (Oscar Mondadori Saggi).

Lo ha detto e scritto molte vote, ed è rimasto il suo marchio distintivo: “Follow Your Bliss”, segui la tua gioia. Del resto ricordava sempre che, se mai dovesse andare male, alla fine avremo vissuto davvero facendo quello che ti ha reso felice. Mai, raccomandava, scegliere cosa fare nella vita pensando solo ai soldi perché, se perdi, in questo caso non ti resterebbe davvero niente. La gioia a cui si aspira, si raggiunge sempre rischiando e non avendo certezze. Attraverso il viaggio.

Ma c’è anche chi la chiamata non la vuole vedere o seguire. Perché spesso, troppo spesso, soprattutto oggi, ci blocchiamo nella sicurezza del nostro piccolo mondo, delle nostre idee, delle nostre convinzioni, e non vogliamo proprio vederle cambiare. Ogni uomo può essere un eroe, se riesce a capire quali sono i propri talenti e le proprie aspirazioni. L’importante è seguire il proprio “bliss”, e non importa se è nelle arti, nell’economia, in qualsiasi altra cosa che abbia la capacità di svegliare il nostro interesse e la nostra creatività.

Sicuramente, come in tutte le leggende mitologiche degli eroi, non si ha idea di come raggiungere l’obiettivo, sicuramente si attraversano momenti bui in cui non si sa come proseguire. Sicuramente c’è un senso di pericolo, perché nessuno ha mai preso quella strada… Ma, poco alla volta, piccole cose cominciano a succedere, e si deve allora essere in grado di poter vedere i segnali che ci possono aiutare a proseguire. E, dove si inciampa e a volte si cade, si può trovare una risposta e un tesoro inatteso.

Serve un esempio? Certo che adesso serve un esempio, uno a cui tutti possono fare riferimento, e perfetto per raccontare nei dettagli il viaggio dell’Eroe. L’eroe in questo caso si chiama Luke Skywalker, protagonista della doppia trilogia di George Lucas Star Wars. Proprio George Lucas – che oggi sta producendo il 7 episodio delle saga da lui ideata nel 1977, ma che ha lasciato la nuova regia a J. J. Abrams – aveva da subito parlato di come il primo libro di Joseph Campbell, L’eroe dai Mille Volti, lo avesse ispirato per la creazione del primo film di questa lunga serie. Già, perché l’eroe di Star Wars, come quello di ogni mitologia, diventa un simbolo universale, un archetipo presente in tutte le culture del mondo, indipendentemente da tempo, cultura e luogo. È sempre quello che va alla ricerca, che cresce spiritualmente mentre affronta molte avventure e che, alla fine, raggiunge il suo scopo. Proprio i passi del viaggio dell’eroe sono oggi utilizzati da chiunque voglia scrivere un film, un romanzo. Basta leggere il libro best seller di Christopher Vogler, Il Viaggio dell’EroeLa struttura del mito ad uso di scrittori di narrativa e cinema (Dino Audino Editore), a cui oggi si ispirano gli Studios di Hollywood e il cinema che punta a grandi successi.

Forse, per capire chi sia stato questo grande studioso, elegante e coraggioso come il migliore dei suoi eroi, potrebbe bastare vedere la serie di sei puntate del documentario girato per PBS dall’amatissimo giornalista americano Bill Moyers. In The Power of Mith, Joseph Campbell, divertito e appassionato, raccontava, fino a poche settimane prima della sua scomparsa nel 1987, i tanti aspetti della dimensione mitologica dell’avventura.

In inglese e, per ora purtroppo senza sottotitoli in italiano, si può facilmente trovare e acquistare sul sito di Joseph Campbell Foundation (www.jcf.org).

Suggerimenti? Tanti ma, come dice Mick Fleetwood nel film Finding Joe, “Non è questione di avere successo o diventare ricchi, ma fai qualcosa, qualcosa che ti regali Quel Momento”.