UPDATE 29 gennaio

Ci sarebbe una nuova deadline per lo scambio dei prigionieri, ovvero il tramonto (siriano probabilmente) di oggi, secondo quanto comunicato dall’Isis e riportato dai media giapponesi

Libero. O forse no. Kenji Goto, l’ultimo dei due ostaggi giapponesi sequestrati dallo Stato islamico, sarebbe ancora in mano ai suoi sequestratori. La notizia giunge dopo una giornata frenetica in cui sono circolate anche voci circa una sua avvenuta liberazione.

L’incertezza domina ancora mentre è notte fonda in Giappone e il termine delle 24 ore prima dell’uccisione del giornalista freelance è scaduto. Martedì è stato diffuso in Rete un terzo video in cui l’unico superstite dei due ostaggi giapponesi – l’altro, il contractor militare Haruna Yukawa sarebbe stato giustiziato – chiedeva nuovamente la scarcerazione di Sajida al-Rishawi, condannata a morte nel 2006 dopo un tentato attacco dinamitardo in un hotel di Amman. «Mi è stato detto che questo potrebbe essere il mio ultimo messaggio», spiega la voce – sulla cui autenticità sono stati sollevati nuovamente dubbi. Il ministro degli Esteri giapponese Fumio Kishida ha confermato intorno all’una di notte, ora di Tokyo, che non ci sarebbero in realtà «cambiamenti rilevanti» sulla questione, facendo quindi trapelare l’informazione secondo cui Goto sarebbe ancora in mano agli uomini dell’Isis.

La linea di Tokyo è comunque quella dettata dal primo ministro Shinzo Abe ed espressa nella mattinata italiana di ieri dal suo vice ministro Yasuhide Nakayama, al momento in Giordania incaricato di seguire la crisi degli ostaggi e di gestire la cooperazione con Amman. «La situazione continua a essere grave – ha spiegato – e faremo del nostro meglio con la massima urgenza e in cooperazione con il governo giordano per arrivare alla liberazione di Kenji Goto».

Nell’eventualità della liberazione di Goto, continuano a sperare le centinaia di persone che si sono recate sotto gli uffici del governo. In segno di solidarietà sui cartelloni dei manifestanti campeggiava la scritta «I am Kenji».

Junko Ishido, la madre di Goto, ha espresso nella serata di ieri la propria «inquietudine» sulle sorti del figlio, a poche ore dalla scadenza del termine comunicato dai sequestratori. Sostegno al giornalista giapponese è stato espresso anche dalla pagina web del Committee to Protect Journalist, organizzazione no profit che sostiene la libertà di stampa, che ha definito Goto una «voce di umanità in tempi di atrocità».
Intanto, sull’operato del governo di Tokyo, si addensano critiche.

Critiche che il principale partito d’opposizione al blocco di maggioranza, il Partito Democratico (Dpj), ha portato in Parlamento. Seiji Maehara, ex presidente del Dpj ed ex ministro degli Esteri del governo Kan (2010-11), ha sollevato dubbi in particolare sul «tempismo» dell’annuncio di aiuti da parte del governo Abe ai paesi interessati dall’avanzata dell’Isis, in periodo di allerta alle stelle nei confronti dei militanti islamisti.

I 200 milioni di dollari promessi da Abe infatti «sono stati subito usati nella dichiarazione criminale» come somma per il riscatto. Alla prima grande prova di politica estera, confermano alcuni osservatori contattati dal Japan Times, Tokyo ha dimostrato tutta la sua impreparazione e ingenuità.