Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite ha chiesto il cessate il fuoco e il rispetto dei diritti umani dopo giorni di violenti bombardamenti su Gaza. Domenica notte, in una riunione straordinaria, richiesta dalla Giordania, sarebbe stata discussa una bozza di risoluzione di condanna delle operazioni israeliane nella Striscia di Gaza (Iron Dome). Il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, in missione in Medio oriente, aveva parlato di «azione atroce» in riferimento ai raid israeliani sul quartiere di Shejaya della scorsa domenica. Anche la Lega araba, dopo l’attacco che ha causato oltre 50 vittime civili, ha parlato di «crimini di guerra», commessi da Israele. Mercoledì è stata convocata la riunione straordinaria su Gaza del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite.

Dopo aver cancellato la visita la settimana scorsa, è arrivato ieri al Cairo il Segretario di Stato Usa, John Kerry. Il presidente Barack Obama aveva chiesto un cessate il fuoco immediato in riferimento alla mediazione, negoziata dall’ex presidente egiziano Mohammed Morsi, negli attacchi israeliani su Gaza del 2012 «Pilastro di Difesa». Il movimento palestinese Hamas ha richiesto la riapertura di tutti i confini e la fine dell’embargo, imposto dal 2007, come condizione essenziale per il cessate il fuoco. La richiesta non è stata inserita nella bozza unilaterale discussa tra Egitto e Israele, e poi non rispettata dalle parti lo scorso martedì. Una seconda proposta di cessate il fuoco, che accoglie le richieste di Hamas, è stata presentata sabato da Turchia e Qatar. Le autorità turche avevano criticato la mediazione egiziana, che ha escluso dai negoziati il movimento palestinese. La visita di Kerry è arrivata dopo la notizia dell’uccisione di due militari Usa, membri dell’esercito israeliano. In una telefonata al premier israeliano Netanyahu, Obama aveva espresso preoccupazione per l’alto numero di vittime. Anche Derek Chollet, assistente del Segretario di Stato alla Difesa, Chuck Hagel, è al Cairo per una visita di tre giorni.

Ma le critiche più dure ad «Iron Dome» sono venute da Tehran. «Attacchi brutali e disumani» li ha definiti il presidente del Majlis (parlamento), Ali Larijani. Il ministero iraniano degli Esteri ha denunciato l’operazione di terra israeliana, parlando di una «invasione bestiale». Proprio ieri, l’Agenzia internazionale per l’Energia atomica (Aiea) ha confermato il rispetto delle condizioni imposte all’Iran in merito alla conversione degli stock di uranio arricchito al 20%. Nonostante questo, un accordo definitivo sul nucleare con Tehran è stato posticipato al prossimo novembre.

Eppure, l’esercito egiziano continua a cancellare la questione palestinese dai media pubblici, apparendo su posizioni del tutto simili a quelle israeliane. Questo per il momento non ha determinato alcuna reazione popolare in Egitto, se non piccole manifestazioni di militanti di sinistra. Il paese vive mesi di censura e segue la propaganda della lotta al terrorismo, estendendola anche al conflitto in cui è coinvolto Hamas, movimento percepito come estensione dei Fratelli musulmani. E così il valico di Rafah tra Egitto e Gaza continua ad essere aperto a singhiozzo. Sarebbero passate invece 200 tonnellate di alimenti e 75 di farmaci, parte di aiuti promossi dall’esercito.

Ma il Cairo è impegnato anche sul fronte sud occidentale, al confine con la Libia.Lo scorso sabato, l’attacco di un gruppo di trafficanti di armi nella città di Farafra, governatorato di Wadi al Jedid, a 639 chilometri dal Cairo, ha causato la morte di 21 doganieri. Secondo la stampa locale, nell’attacco sono stati usati granate e lanciarazzi Rpg, e sarebbero coinvolte milizie islamiste. Il presidente Abdel Fattah Sisi ha subito assicurato che le morti non rimarranno impunite. Annunciando tre giorni di lutto nazionale, Sisi ha convocato il Consiglio di difesa in merito alle «minacce interne ed esterne alla sicurezza nazionale». Il ministro della Difesa egiziano, il generale Sedki Sobhi ha imposto lo «stato d’emergenza» lungo le frontiere occidentali.