Gli Stati uniti cercano l’Egitto. Dopo mesi di contrasti tra il presidente Barack Obama e il segretario alla Difesa, Chuck Hagel, sul possibile ridimensionamento degli aiuti militari di Washington al Cairo, insieme a dieci elicotteri Apache, è arrivata anche la benedizione definitiva di John Kerry alla stabilità forgiata dai generali egiziani. Non solo Kerry, in visita al Cairo, ha imbarcato l’Egitto nella lotta allo Stato islamico (Isis), insieme ad altri dieci paesi arabi, ha anche promesso l’appoggio di Washington alla lotta contro i terroristi interni attivi nel Sinai. Secondo Kerry, molti dei jihadisti radicali raggiungerebbero Siria e Iraq proprio attraverso il Sinai. E così per il segretario di Stato Usa, «l’Egitto ha un ruolo centrale per ripudiare pubblicamente l’ideologia che Isis dissemina». Sul tema è tornato anche il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shukri che ha espresso l’impegno del Cairo a combattere i legami tra Isis e gli altri gruppi militanti estremisti della regione.

In precedenza, Kerry aveva incontrato anche il segretario generale della Lega araba, Nabil el-Arabi, per discutere di anti-terrorismo sia in Iraq sia in Libia. Proprio, la scorsa domenica, i ministri degli Esteri della Lega araba hanno concordato di prendere tutte le misure necessarie contro Isis. Kerry ha anche incontrato esponenti della massima autorità sunnita, la moschea di Al Azhar. Secondo la stampa egiziana, l’obiettivo del Segretario Usa sarebbe di spingere le autorità religiose egiziane a stigmatizzare il più duramente possibile le azioni di Isis, anche durante i sermoni del venerdì.

Alcuni segnali di una lotta più pacata agli islamisti moderati sono emersi nelle ultime settimane in Egitto. Sono state commutate in ergastolo, o a venti anni di detenzione, le sentenze di condanna a morte per i principali leader dei Fratelli musulmani, in carcere dopo la strage di Rabaa al Adaweya, che lo scorso anno ha messo fine a un anno di presidenza islamista. Tuttavia, l’ex presidente Mohammed Morsi, in carcere dal luglio 2013, sarà processato, insieme ad altre decine di esponenti del movimento islamista moderato, anche per l’accusa di spionaggio con il Qatar, dopo le accuse di aver rivelato segreti di stato ad Hamas e all’Iran.

Continua invece la contestazione dei movimenti laici contro la legge anti-proteste. Allo sciopero della fame dei principali attivisti in prigione (tra cui Alaa Abdel Fattah e Ahmed Maher), si sono uniti 15 giornalisti per chiedere la cancellazione della legge che impedisce ogni contestazione. Anche sette partiti politici, tra cui il liberale Dostour, Corrente popolare dell’ex candidato Hamdin Sabbahi, Alleanza popolare socialista, e il movimento 6 aprile hanno aderito alla protesta.