Nel silenzio generale il parlamento ucraino ha approvato una legge, indigesta a gran parte dei suoi membri: quella contro la discriminazione sessuale nei posti di lavoro. Questo consentirà all’Ue di attivare la possibilità per i cittadini ucraini di ottenere la libera circolazione all’interno dell’Unione, senza il visto.

Legge passata, insieme a quella che autorizza la Nato a compiere esercitazioni sul territorio ucraino a partire dal prossimo 16 novembre (fino a dicembre inoltrato), a dimostrazione che se gli oligarchi ucraini spesso dimenticano le promesse fatte agli europei, sono più conseguenti a quelle fatte ad americani e Nato. Si tratta di decisioni e parole rilevanti. La legge contro le discriminazioni sessuali è sicuramente un successo per le comunità lgbt ucraine, da sempre nel mirino non solo dei gruppi di destra (come accaduto durante l’ultimo tentato gay pride a Kiev).

La legge è passata, ieri, al terzo scrutinio ma ha avuto un cammino parlamentare controverso, perché era già stata bocciata due volte. La società ucraina, infatti, è ancora molto legata a quelli che vengono definiti, non solo a Kiev, «valori della famiglia tradizionale», tanto che la legge ha avuto l’ok per un soffio e moltissime sono le voci ufficiali contrarie. «Mai avremo i matrimoni gay in Ucraina», ha tuonato qualcuno, rendendo evidente qualcosa che forse l’Europa ha clamorosamente ignorato.

Come specificato nei giorni scorsi da Foreign Policy, tutti i soldi spesi dall’Europa (e dagli Usa) per tirare a sé il paese, non hanno tenuto conto delle caratteristiche storiche insite nella società ucraina, che tengono la nazione in bilico tra Europa e Russia. Anche Lady Pesc Mogherini, nel suo recente incontro con Poroshenko aveva avuto un atteggiamento duro a parole: o fate le riforme che vi abbiamo chiesto, aveva lasciato intendere, o fine degli aiuti (e forse chissà, fine di quelle sanzioni contro la Russia, che oltre ad aver messo in difficoltà Mosca hanno anche peggiorato gli affari di alcuni paesi europei).

Ma questo errore è un classico della lettura del mondo che sembra andare per la maggiore, quella geopolitica, che accomuna tanto gli strateghi europei e americani, quanto gran parte di quel mondo che dice di opporsi alla prepotenza occidentale. Considerare la storia solo come il risultato di politiche di potenza, sminuisce gli elementi salienti di una società, cosa accade al suo interno, quali sono le pulsioni, le tradizioni, i conflitti, i ricordi sbiaditi e quelli accesi.

Così l’Ucraina è stata considerata in modo scontato come un paese desideroso di spogliarsi dell’eredità sovietica, pur mantenendone ancora molti elementi. Tanto che l’omofobia strisciante avvicina il paese molto più alla Russia di Putin che non all’Europa (almeno quella più sana). Questo atteggiamento di analisi crea dei cortocircuiti non da poco, perché ci si aspetta da chi si finanzia e si sostiene comportamenti che poi faticano ad avverarsi.

Analogamente, considerare tutto il paese filo occidentale, pro Nato e inginocchiato ai voleri dei gruppetti nazisti che pure hanno grande rilevanza, è sbagliato, perché porta a dimenticare i conflitti e le lotte di chi al potere si oppone (ad esempio i lavoratori). E così si finisce per considerare tutto un paese concorde ad accettare la presenza delle truppe Nato sul proprio territorio. La decisione della Rada costituisce l’ennesima provocazione a Mosca; è scontato che la Russia non starà a guardare, in un giro di botta e risposta che ha sicuramente creato solo problemi alla gran parte della popolazione che desidera vivere in modo pacifico e dignitoso. Specie agli abitanti delle regioni orientali, tutto questo non giova.

L’esperimento politico-sociale degli oligarchi ucraini, ora su posizioni di estrema destra, nazionalistici, patriottici, antirussi e anticomunisti, è stato innaffiato dalle promesse e dai soldi di un’Unione europea che ancora una volta ha dimostrato la sua pochezza politica e che ora si trova con una guerra a bassa intensità alle porte (e il rischio di nuove migrazioni a mischiarsi a quelle che già sono in corso) e con quello che resta di un paese, la parte occidentale, completamente piegata ai voleri di Washington. Un grande successo strategico e geopolitico.

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