Storica decisione in Argentina. La presidente Cristina Kirchner ha annunciato lo scioglimento dei servizi segreti, che d’ora in poi verranno riorganizzati come Agenzia federale dell’intelligence. A guidare il nuovo organismo saranno un direttore e un vice, scelti dal potere esecutivo con l’approvazione del senato. Una svolta annunciata a oltre una settimana dalla morte del procuratore Alberto Nisman, trovato senza vita nel suo appartamento in una zona esclusiva e super-protetta di Buenos Aires. Apparentemente, un suicidio, subitò però messo in dubbio dalle indagini, che non escludono l’ipotesi dell’omicidio o del suicidio indotto. Il pm, 51 anni, indagava sull’attentato suicida alla mutua israelitica, Amia, compiuto nel ’94. Vi furono, allora, 85 vittime più l’attentatore, e molti feriti. Nisman è morto per un colpo di pistola alla tempia il giorno prima di un’audizione in parlamento: intendeva accusare il governo argentino di aver negoziato con Tehran l’insabbiamento delle accuse contro alti esponenti iraniani – ricercati per un ordine di cattura emesso da Nisman – in cambio di vantaggi commerciali.

Una tesi smentita dalla presidente con una lunga lettera in cui ha rilevato le stranezze del procuratore, tornato precipitosamente dalle ferie per consegnare un dossier di oltre 300 pagine ma di nessuna consistenza. Un falso dossier, secondo Kirchner e secondo molti osservatori, fatto pervenire a Nisman dai servizi segreti, con cui intratteneva stretti rapporti. In particolare, si sospetta dell’ex uomo forte dell’intelligence, Antonio “Jaime” Stiuso, ex collaboratore della passata dittatura e poi uomo della Cia e del Mossad israeliano, “suggeritore” costante del pm. Stiuso era stato recentemente silurato proprio in virtù dei suoi trascorsi. Ieri, è arrivato un ordine di arresto anche per Diego Angel Lagomarsino, altro personaggio ambiguo: un impiegato che ha “prestato” a Nisman la calibro 22 da cui è partito il proiettile che l’ha ucciso, sparato a una distanza non credibile per un suicidio. Lagomarsino lavorava alla procura, ma viveva al di sopra dei propri mezzi, era intimo amico del procuratore e – secondo una delle ipotesi – avrebbe fatto parte di una speciale squadra di intelligence personale formata da Nisman.

Chi ha indotto al suicidio Nisman? si è chiesta Kirchner nella lettera pubblica. E durante l’annuncio sulla riforma dei servizi segreti ha fatto notare che Lagomarsino, oltre a essere di opposizione, è fratello di un importante rappresentante dello studio Saenz Valiente, socio del gruppo Clarin (feroce avversario del governo). Il tecnico informatico si è presentato ai giudici subito dopo la morte del pm e ha ammesso di avergli prestato la 22. La giudice incaricata delle indagini su Nisman lo ha subito accusato di aver compiuto un reato: in base all’articolo 189 bis del Codice penale è proibito fornire un’arma a chi non possegga i requisiti per portarla. E gli ha impedito di lasciare il paese. Secondo alcune testimonianze, il pm avrebbe chiesto l’arma a Lagomarsino perché aveva ricevuto una telefonata da Stiuso che gli diceva di diffidare della scorta assegnata alla sua protezione (10 agenti ventiquattr’ore su ventiquattro). Lagomarsino non ha però raccontato questo episodio alla giudice Fein. Perché ha voluto tenere fuori Stiuso dalle indagini?

Intanto, fa discutere anche la fuga del giornalista argentino Damian Pachter, che per primo ha rivelato la morte del pm con un twitter, il 18 gennaio. Pachter ha detto ai giornalisti che il suo twitter potrebbe aver «rovinato i piani di qualcuno», avendo fatto uscire la notizia della morte prima che fosse possibile alterare la scena del delitto. Il giornalista ha sostenuto di aver preso il largo perché «un agente» dei servizi segreti lo avrebbe seguito «per diverse ore». Pachter è approdato in Israele, dove ha detto di «sentirsi al sicuro».

E mentre la sinistra plaude all’attesa riforma dell’intelligence e l’Iran smentisce ogni coinvolgimento, l’America latina progressista fa quadrato intorno a Cristina, sostenendo la tesi del golpe per interposta magistratura, a nove mesi dalle elezioni presidenziali. «Dopo aver fallito con l’aggressione economica, ora preparano quella politica, come l’imboscata tesa alla compagna Cristina con la morte del procuratore», ha detto il presidente della Bolivia, Evo Morales, e ha aggiunto: l’impero non perdona né il Venezuela né l’Argentina, e sicuramente molti altri paesi possono essere aggrediti. Siccome non possono più fare colpi di stato cercano nuovi metodi per minacciare i presidenti anti-imperialisti».