Lucio Presta non si presta più. Fiuta l’aria di sconfitta e molla il Pd a una settimana dalla chiusura delle liste. «Rinuncio per motivi familiari alla candidatura a sindaco di Cosenza». La realtà è ben diversa. Lo sfaldamento del campo di centrosinistra era tale che ben difficilmente Presta sarebbe arrivato al ballottaggio.

E così il manager che intendeva fare il sindaco della città bruzia, l’uomo che metteva tutti d’accordo, da Flavio Briatore a Matteo Renzi passando per Maurizio Costanzo, è scappato a gambe levate. Mettendo nei guai, e lasciando con un palmo di naso, il duo Luca Lotti- Marco Minniti che fortemente aveva sponsorizzato l’uomo calato dall’alto.
E’ un democrack in salsa cosentina gigantesco. Una maionese impazzita che va di traverso proprio a due giorni dal ritorno di Matteo Renzi in Calabria (per firmare a Reggio il «patto per lo sviluppo» con il ministro dei beni culturali Dario Franceschini e il presidente di regione Mario Oliverio). Il Pd ne esce con le ossa rotte. Gli strateghi dem hanno prima inventato uno scioglimento anticipato del consiglio comunale, davanti al notaio con un cotè di verdiniani e vecchi arnesi democristiani. Poi hanno fatto fuori Enzo Paolini e stracciato lo statuto del Pd per non concedergli le primarie.

Infine, due giorni fa, hanno concluso la pantomima con la surreale richiesta al premier di cacciare dal governo i sottosegretari di Ncd Tonino Gentile e Dorina Bianchi. Fino a spingersi alla firma di un documento di cinque segretari provinciali contro il Nuovo centrodestra, pur sapendo che tre di quei segretari sono illegittimi in quanto decaduti.

Ora impazza il totonomi che dovrà essere risolto entro 24 ore. Il tempo stringe. Tra i papabili c’è il ras della politica cosentina, Nicola Adamo, a cui poco tempo fa la Cassazione ha annullato senza rinvio il divieto di dimora in Calabria disposto nei suoi confronti dal gip di Reggio, nell’ambito dell’inchiesta Rimborsopoli sulle spese pazze in consiglio regionale. L’ex consigliere Adamo può così tornare in Calabria e magari candidarsi a Palazzo dei Bruzi. Assolto per intervenuta prescrizione in un processo sul parco eolico di Spezzano della Sila, è ancora a giudizio per presunti reati consumati ad Isola Capo Rizzuto sempre nel campo dell’eolico. Ora punta al ritorno in grande stile nella sua città.

La sinistra (Rifondazione, Si, associazioni e movimenti) compattata intorno alla figura del «medico dei poveri», Valerio Formisani, assiste, in modo cauto, al suicidio del Pd. «In apparenza sembrerebbe che ci troviamo di fronte a uno sbriciolamento del Partito democratico. Ma non è da escludere che si sia trattato di una ’rottura’ studiata a freddo – spiega Formisani al manifesto – magari per permettere ai Gentile di mollare Paolini e ritornare all’alleanza naturale col Pd. Di sicuro la scelta di Lucio Presta, contrattata o meno che sia, non fa che gettare ancor più discredito su questa politica politicante. La gente che incontro nelle piazze, nei comizi, ma anche all’ambulatorio (Formisani lavora come volontario nell’ambulatorio ’Senza Confini’ che garantisce il diritto alla salute e fornisce assistenza sanitaria agli ultimi, immigrati in primis, esclusi dal Servizio Sanitario Nazionale, ndr) è sempre più nauseata. Ci sarà un’emorragia di voti in fuga dal Pd e questo ci dà ulteriore slancio per quest’ultimo mese di campagna elettorale».

Intanto, il sindaco in carica, Mario Occhiuto (Forza Italia), gongola. Lucio Presta non c’è più e lui ha ormai la strada spianata verso la riconferma. Con ben 12 liste a sostegno e nessun simbolo di partito. E’ il «modello Venezia», l’ancora di salvataggio di una destra moribonda.