Sembrava una provocazione, quella dello Sferisterio di Macerata e del direttore artistico Francesco Micheli: tre titoli d’opera con protagoniste femminili si mettono in fila in pochi secondi, tre donne in buca a guidare le produzioni di un festival non è una soluzione del tutto scontata, anche in un’epoca di presunta parità.

Eppure quel che ha sorpreso di Speranza Scappucci, direttore di Traviata in scena a Macerata in queste settimane (prossima recita sabato 9 agosto ) è che abbia atteso così tanto per rivelare un talento sicuro e apparentemente sostenuto da un’esperienza sul podio che in realtà la musicista romana ha maturato di recente.

Il debutto maceratese si è presentato come un’esperienza non facile: titolo ‘icona’ dell’opera lirica, in un allestimento storico e amatissimo allo Sterisferio (la Traviata degli specchi regia di Henning Brockhaus e scene di Josef Svoboda); uno spettacolo all’aperto, col maltempo in agguato e oltre un’ora di attesa alla prima per via della pioggia.

Una donna dal podio può offrire una lettura differente, messa a confronto con le situazioni drammaturgiche che coinvolgono i personaggi femminili? Oppure è una semplice banalità?

Non sono sicura della risposta: il mio approccio verso l’opera, anche come pianista e accompagnatrice, è sempre partito dal testo e dalla necessità di far aderire testo e musica, procedimento laborioso e delicato, che però non presenta grandi differenze fra personaggi maschili o femminili. Naturalmente è possibile che io senta, reagisca con immediatezza quasi involontaria a sollecitazioni emozionali e psicologiche che coinvolgono la sfera femminile.

L’opera lirica vive un’epoca di cambiamenti, sul piano registico, organizzativo, economico, di interesse del pubblico: il grande repertorio italiano sembra soffrire particolarmente nell’adattarsi al nuovo corso. Come mai?

Lei tocca alcuni motivi più generali che sono legati al cambiamento di epoca, in cui, è vero, questo genere operistico fatica a trovare le chiavi di un rinnovamento o adattamento. Ci sono però anche motivi specifici: per scrittura e costruzione musicale l’opera italiana di Bellini, Donizetti e anche di molte opere verdiane, inclusa La traviata, può apparentemente sembrare ’facile’. Le caratteristiche di immediatezza e stringatezza di strutture basate su un tracciato melodico e un accompagnamento orchestrale a prima vista scarno, sono lette talvolta con eccesso di superficialità. Il pregiudizio della ‘Zum-pa-pa musik’ ( denigrazione ottocentesca di marca wagneriana contro Verdi, nda) è ancora dietro l’angolo. Al contrario per il direttore è necessario scavare, trovare i colori orchestrali, con fatica e studio, battuta per battuta. Per questo debutto ho ristudiato da capo La traviata scoprendo innumerevoli dettagli nuovi e inattesi.

Traviata

Eppure ha alle spalle tante produzioni affrontate come pianista a fianco di direttori celebri, Metha, Levine, Muti: che segno hanno lasciato?

Un percorso formativo, una vera scuola. Soprattutto per Verdi il rapporto lungo e fruttuoso con Riccardo Muti è stato fondamentale, mi ha offerto strumenti, prospettive e ottica interpretativa approfonditi per affrontare l’intera produzione verdiana, anche se non ho lavorato con lui in Traviata, ma in altri titoli.

Dal pianoforte d’accompagnamento al podio: un tempo era il percorso obbligato per il vero Maestro italiano, e adesso?

E adesso sembra una vera e propria eccezione, la situazione si è totalmente invertita, è piuttosto incredibile. Ma va bene così.

Quando ha capito che la sua carriera aveva preso una nuova strada, che era ormai un direttore d’orchestra?

Lo sviluppo è durato anni, ma la conferma l’ho avuta solo con il debutto, con Così fan tutte di Mozart, opera tutt’altro che semplice, alla Yale Opera. Fra Vienna e New York avevo maturato un bagaglio notevole di preparazione al pianoforte, con tanti cantanti, sul quel titolo, ma solo dopo la prima recita è apparso chiaro a me come a tanti amici e colleghi che avevo realmente voltato pagina: sembrava non avessi fatto altro da anni. Una transizione che da subito è sembrata estremamente naturale.