Tra il colpo di stato in Turchia, gli attentati jihadisti in Europa e la disattenzione estiva stanno passando in secondo piano gli sviluppi militari in Siria. È decisiva la battaglia che da giorni si combatte intorno alla zona Est di Aleppo, dal 2012 sotto il controllo dei salafiti di Ahrar al Sham, di Jabhat Fateh al Sham (ex an Nusra), del braccio armato dei Fratelli musulmani e di vari gruppi ribelli “moderati” schierati contro il presidente siriano Bashar Assad. Se le forze governative e quelle alleate di Hezbollah e dei combattenti sciiti afghani e iraniani, appoggiate dall’aviazione russa, riusciranno a riprendere la zona orientale della seconda città del Paese – dove ufficialmente vivrebbero ancora 300mila civili ma il numero efettivo sarebbe molto più basso – la crisi siriana prenderà una direzione ben chiara, anche sul piano diplomatico. Se invece le truppe fedeli a Damasco usciranno sconfitte dallo scontro in corso, le conseguenze saranno serie per Assad e il suo obiettivo di ridimensionare le ambizioni dell’opposizione al negoziato che potrebbe riaprirsi a fine agosto a Ginevra, come auspica il mediatore dell’Onu Staffan De Mistura.

Da alcuni giorni i miliziani, molti dei quali foreign fighters, di An Nusra e di Ahrar al Sham, con il sostegno delle altre forze ribelli, sono impegnati in un attacco ampio per rompere l’accerchiamento della zona orientale di Aleppo chiuso nelle scorse settimane dall’Esercito con la liberazione totale o parziale di Mallah, Lairamoun, Khalidiyya, Bani Zaid e la Strada del Castello. È un tentativo estremo di rovesciare le sorti della battaglia che la scorsa settimana apparivano segnate a vantaggio netto delle truppe governative. L’obiettivo primario dell’assalto è quello di prendere il sobborgo di al Ramouseh, fondamentale per riaprire le vie di rifornimento ai ribelli. Per fermare l’assalto i cacciabombardieri russi e dell’aviazione governativa hanno martellato per ore, senza sosta, le postazioni nemiche. Le truppe di Assad hanno ripreso cinque delle otto postazioni rioccupate dagli avversari tre giorni fa. I morti sono già molte decine, da una parte e dall’altra, tra i quali numerosi civili uccisi dai bombardamenti aerei su Aleppo Est o dai razzi sparati da miliziani ribelli contro i quartieri occidentali della città controllati dai soldati governativi.

I bombardieri russi, in un’altra provincia, quella di Idbil, secondo l’opposizione siriana avrebbero sganciato “gas velenosi”, forse cloro, su Saraqib, la cittadina dove è precipitato l’elicottero russo abbattuto (morti cinque militari di Mosca) dai dai ribelli. Una trentina di persone hanno manifestato segni di soffocamento e difficoltà respiratorie dopo che nella notte tra lunedì e martedì l’area era stata colpita da bombe con i gas sganciate, sostiene l’opposizione, da velivoli russi per vendicare i soldati uccisi. «È molto difficile reagire a queste informazioni: non sempre è chiaro su cosa si basino e quali siano le loro fonti», ha commentato un portavoce del Cremlino. Ieri l’agenzia governativa Sana ha riferito di un attacco con gas compiuto anche dai “ribelli” sulla parte occidentale di Aleppo, che avrebbe provocato almeno cinque morti.

Messa ai margini dai media occidentali, la battaglia di Aleppo al contrario è ampiamente riferita e commentata dai giornali arabi. Quelli vicini a Damasco parlano di “svolta” destinata a cambiare il volto della guerra e danno per vittoriose, troppo in anticipo, le forze governative. Per al Akhbar di Beirut, la riconquista di tutta Aleppo metterà fine al piano per la partizione della Siria e alla strategia di Arabia saudita, Turchia e Usa per «torcere le braccia» di Siria e Russia al tavolo del negoziato. Secondo il giornale libanese l’accerchiamento della zona orientale di Aleppo ha per le forze governative lo stesso peso che per i ribelli ebbero nel 2012 il tentativo di invasione di Damasco, l’attentato al quartier generale della Sicurezza Nazionale e la caduta dei quartieri orientali nelle mani dell’opposizione. Il saudita, al Sharq al Awsat, anti Assad, non vede all’orizzonte la vittoria di Damasco e scrive che diversi attori ritengono che la Siria emergerà dalla guerra civile divisa lungo linee etniche e settarie: sunniti, alawiti, curdi, drusi e turcomanni. Russi e americani, rivela al Sharq al Aswat, avrebbero raggiunto una intesa per un piano di partizione che però non piace a Iran, Turchia e Iraq. Guarda agli Usa l’analista Abdel Bari Atwan su raialyoum.com. Washington, scrive, ha definitivamente abbandonato il mantra della inevitabilità dell’uscita di scena immediata di Assad e accetta ora l’idea che il presidente resti al potere nel “periodo transitorio per la Siria”, ossia durante la redazione della nuova costituzione e le successive elezioni presidenziali e parlamentari. Staffan de Mistura, aggiunge, ha cominciato a discutere con le parti della formazione di governo di unità nazionale siriano che includerà esponenti dell’opposizione assieme a rappresentanti dell’esecutivo formato da Assad. L’attacco dell’Isis a Usa e Europa, conclude Abdel Bari Atwan, ha cambiato le regole del gioco e modificato le priorità dell’Occidente riducendo di conseguenza le pressioni su Bashar Assad e il suo governo.